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Delia Atzeni - magia
Testimonianza di Delia Atzeni
La magiaUn amuleto molto diffuso tra le donne era un cornetto che tenevano quando allattavano, nascosto nelle vesti, per proteggersi dalla pilu de tita (la mastite). La signora Delia non ne possedeva uno ma c’era l’usanza di prestarselo tra le donne del paese. Questo cornetto doveva essere tagliato il venerdì a un capretto con le mani dietro la schiena e poi veniva abrebau da una persona “esperta”.
Uno scritu molto diffuso era su scritu de sa stria che si utilizzava quando qualcuno era stato “preso d’occhio” dal barbagianni (sa stria). A Sant’Andrea lo possedevano in pochi e chi l’aveva lo prestava. Quando si prestava, affinché non si rompesse la magia, doveva essere lanciato senza parlare, così anche nel momento in cui veniva restituito. Su scritu consisteva in un pezzo di stoffa che conteneva al suo interno delle preghiere scritte (brebus) e un pezzo essiccato del cuore del barbagianni. Su scritu de sa stria non era efficace se non veniva tenuto almeno per nove lune. -
Delia Atzeni - magia, seconda parte
Testimonianza di Delia Atzeni
La magia, seconda parteUn amuleto molto diffuso tra le donne era un cornetto che tenevano quando allattavano, nascosto nelle vesti, per proteggersi dalla pilu de tita (la mastite). La signora Delia non ne possedeva uno ma c’era l’usanza di prestarselo tra le donne del paese. Questo cornetto doveva essere tagliato, il venerdì, a un capretto con le mani dietro la schiena e poi veniva abrebau, sempre di venerdì, da una persona “esperta”.
Signora Delia ci parla della tradizione dei fuochi di San Giovanni Battista.
I giovani si occupavano di raccogliere su scomu (ramoscelli di mirto, corbezzolo, petali di fiori e menta selvatica), le erbe aromatiche con cui si arromànt la strada in cui passava la processione per la festa di San Giovanni. Alla fine della processione si raccoglieva su scomu e si lasciava seccare in casa per essere utilizzato nei fuochi la notte di San Giovanni. Ognuno nel proprio vicinato preparava i fuochi e tutti, compresi i bambini, dovevano saltarli altrimenti poteva venir loro s’arrungia (la rogna).
I fuochi venivano saltati anche tra amiche per diventare comari, recitando insieme la formula:
“San Giovanni, San Giovanni - la notte di San Giovanni, la notte di San Pietro - San Giovanni, San Giovanni - la notte di San Giovanni, la notte di San Pietro - siamo veramente comari”.
E scambiandosi un fiore recitavano:
“San Giovanni, San Giovanni - la vita di San Giovanni - la vita di San Pietro - siamo davvero comari”.
E da allora diventavano comari per tutta la vita.
La notte di capodanno, invece, le giovani fanciulle (bagadieddas) prendevano ramoscelli di mirto (mutta) pieni di bacche e allo scattare della mezzanotte li passavano tra le fiamme. Le bacche si staccavano e cadevano. Chi riusciva ad afferrarle mentre cadevano giù si sarebbe fidanzata, se nubile, o sposata, se promessa sposa, entro l’anno. -
Giovanni Atzeni - magia
Testimonianza di Giovanni Atzeni
La magiaIl signor Giovanni racconta di aver visto in casa della vicina un malifatu, trovato nel pozzo dell’abitazione, costituito da due arance conficcate di aghi.
Per quanto riguarda i fuochi di San Giovanni, ricorda che durante la processione del Corpus Domini vi era l’usanza di raccogliere s’arramadura (fogliame e petali di fiori) per utilizzarla poi per fare i fuochi. I falò venivano accesi in ogni vicinato ed era consuetudine saltarli come forma di protezione contro s’arrungia (la rogna). Questa pratica era molto divertente ma allo stesso tempo molto pericolosa.
Come segni protettivi contro le streghe (bruxas o cogas) si metteva un treppiedi (su trèbini) capovolto dentro il caminetto, oppure le scope capovolte dietro la porta.
Anche le medicine artigianali, le uniche accessibili al tempo, avevano la loro importanza. Erano realizzate con erbe e ingredienti naturali e garantivano una buona guarigione. -
Savina Casula - magia
Testimonianza di Savina Casula
La magiaLa signora Savina racconta che il marito, Peppino Aru, aveva uno scritu regalatogli dalla madre che tenne con sé per tutto il periodo del servizio militare e della guerra in Grecia e Albania.
Per quanto riguarda i riti magici, la signora Savina ricorda solo sa mexina de s’ogu pigau a cui ricorreva spesso quando i figli stavano male.
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Ciprea ovale, montata in argento, con due sonagli, una sabegia (l’amuleto sfaccettato in pasta vitrea nera) e su tratallu, XIX secolo.
La conchiglia era un amuleto molto diffuso. Proteggeva i bambini dal malocchio ed era un oggetto con cui i neonati giocavano continuamente.
Collezione privata.
Foto di Claudia Castellano.400600 - images/morfeoshow/magia-4411/big/002 magia_saf.jpg
Conchiglia utilizzata dalle donne contro il malocchio, fine Ottocento.
Collezione privata.
Foto di Marcella Pinna.600441 - images/morfeoshow/magia-4411/big/003 magia_saf.jpg
Conchiglia contenente incenso e utilizzata con i brebus, XIX secolo.
Collezione privata.
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Amuleto di origine africana importato, probabilmente, durante la seconda guerra mondiale.
Collezione privata.
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Medaglia utilizzata contro il malocchio, primi Novecento.
Le medaglie si portavano, solitamente, appuntate sotto le vesti.
Collezione privata.
Foto di Claudia Castellano.600600 - images/morfeoshow/magia-4411/big/006 magia_saf.jpg
Medaglie antiche con immagini sacre, fine Ottocento.
Collezione privata.
Foto di Claudia Castellano.600600 - images/morfeoshow/magia-4411/big/007 magia_saf.jpg
Medaglia antica con immagine sacra, fine Ottocento.
Collezione privata.
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Medaglie antiche con immagini sacre, fine Ottocento.
Collezione privata.
Foto di Claudia Castellano.600400 - images/morfeoshow/magia-4411/big/009 magia_saf.jpg
Catena in argento e medaglione con l’effige di Santa Rita, XIX secolo.
Collezione privata.
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Reliquiario in argento, XIX secolo.
Si portava legato con uno spago sotto le vesti.
Collezione privata.
Foto di Claudia Castellano.600600 - images/morfeoshow/magia-4411/big/011 magia_saf.jpg
Scapolare in panno di lana verde con l’effige della Madonna del Carmelo, primi Novecento.
Si portava, in segno di devozione, allacciato al collo con un nastrino verde e nascosto sotto le vesti.
Collezione privata.
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Scritu de sa stria.
Si utilizzava quando qualcuno era stato “preso d’occhio” dal barbagianni (sa stria). Conteneva al suo interno delle preghiere scritte (brebus) e un pezzo essiccato del cuore del barbagianni.
Foto di Marcella Pinna.600600 - images/morfeoshow/magia-4411/big/013 magia_saf.jpg
Scritu in pelle realizzato per la nascita di una bambina, metà Novecento.
Conteneva al suo interno delle preghiere e un pezzetto del cordone ombelicale.
Foto di Pinna Marcella.600427
La magia
Brebus, malifatus, rimedi e leggende
Nel paese di Sant’Andrea Frius, come in tutta la Sardegna, il malocchio – sa pigadura de ogu che si trasmette, anche involontariamente, attraverso lo sguardo da persone invidiose del bene e della fortuna altrui - era percepito come un grande pericolo che portava morte e distruzione. Per contrastare ciò si ricorreva a determinate “medicine”. Erano solitamente gli anziani che svolgevano questi particolari riti che avevano, a loro volta, ereditato dai genitori o cercato di memorizzare quando era capitato loro di assistere a qualcuno in particolare. Tutti i riti iniziavano con l’invocazione di Dio, come per sottolineare che chi li praticava, con il solo scopo di aiutare persone in difficoltà, agiva nel pieno rispetto della chiesa e non invocava certo il demonio o altri spiriti maligni.
I brebus più utilizzati nel paese erano solitamente per i riti della mexina de s’ogu pigau e s’umbra (contro lo spavento), contro il mal di stomaco, sa stria, su pilu de tita (la mastite), la puntura d’insetto, per i porri, contro gli uccelli e gli insetti nelle vigne, per ritrovare un oggetto smarrito o rubato, contro le convulsioni dei bambini e contro il mughetto, un’infezione molto comune tra neonati e bambini.
Rito contro il “graffio del cane” (su scarrafiu de cani)
Si racconta che questa malattia poteva venire quando si saltava un solco lasciato per terra dal cane mentre si aguzzava le unghie. I sintomi sono dei dolori all’inguine. Come rimedio si prendevano tre pezzi di carbone e ci si faceva il segno della croce. Poi si passavano, uno alla volta, i pezzi di carbone nella coscia recitando alcune preghiere.
Rito contro il fuoco di Sant’Antonio (su fogu de Sant’Antoni)
Si iniziava con il segno della croce, con una lama d’acciaio poi si sfregavano tre sassolini bianchi raccolti in campagna fino a creare delle scintille che dovevano colpire la parte del corpo malata. Se il malato non era presente, si racchiudevano le scintille in una bottiglia di olio e questa veniva mandata al malato che si ungeva con l’olio la parte malata.
Brebu contro il temporale
Santa Barbara e Santu Iacu – bois portais is crais de lampu - bois portais is crais de celu - no tocheis fillu allenu - ne in domu ne in su sartu - Santa Barbara e Santu Iacu.
Malifatus
Rimedi
Si facevano impacchi di farina con vino forte o aceto e si tenevano fissati sulla parte dolorante anche due-tre giorni con una fasciatura intorno alla testa.
Raffreddore
Si buttava nella brace caffè e zucchero, oppure buccia d’arancia, ci si sporgeva nel camino con un pezzo di stoffa sul viso e si inspirava il fumo che fuoriusciva.
Diarrea nei bambini
Si passava il tuorlo dell’uovo nella pancia del bambino, poi cenere; si fasciava e si lasciava agire tutta la notte.
Mal di pancia
Si infilavano il tabacco nell’ombelico.
Mal di stomaco
Si usava l’erba della ruba, un’erba molto diffusa in paese, ma che oggi non si trova più. Si cuoceva l’erba con un po’ di farina e lardo. Poi ci si fasciava e si teneva finché il mal di stomaco passava.
Mal di testa
Si odorava il tabacco.
Tagli
Si facevano degli impasti con una pianta chiamata magadrosciu, ci si fasciava e si lasciava agire alcuni giorni.
Calcoli renali
Si cuoceva un bel mazzo di un’erba – sa ebra de bentu - e si beveva rimanendo a digiuno per due giorni.
Slogature
Si impastavano teli di lino con gli albumi dell’uovo e si fasciava forte la parte slogata.
Leggende
In passato tutti avevano una fontana nella propria abitazione. Le mamme, preoccupate che i figli si sporgessero pericolosamente, raccontavano ai bambini che una strega viveva all’interno del pozzo e che se si sporgevano troppo li avrebbe portati giù con essa.
Su carru de nannai
Per tranquillizzare i bambini durante i temporali si diceva che stava arrivano su carru de nannai, un vecchio antenato con unu carru tottu segau che correva a perdifiato nel cielo.
Le streghe
Si credeva che is cogas (le streghe) avessero la capacità di trasformarsi in gatti e che succhiassero il sangue dei bambini non ancora battezzati fino a ucciderli. Contro is cogas si metteva un treppiedi (su trèbini) capovolto dentro il caminetto, oppure le scope capovolte dietro la porta.
La mamma del sole
Si raccontava ai bambini della mamma del sole che nelle giornate estive più torride usciva a rapire i bambini che trovava per le strade del paese. Si raccontava per non fare uscire i bambini nelle ore più calde.
L'uomo nero (su buginu)
Detto anche s’aremigu, l’uomo nero veniva descritto con un grande mantello nero e un sacco utilizzato per mettere dentro i bambini disubbidienti.
La mamma del vento
Era una donna capace di volare che afferrava i bambini per il colletto della camicia e li portava via. La storia veniva, infatti, raccontata quando c’era una tempesta di maestrale.
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Crediti