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Villasor
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    Una via del paese
    Foto di Guido Costa

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    Il cortile con il forno e la lolla
    Foto di Guido Costa

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    Su corrazz’e ananti
    Foto di Venturino Vargiu

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    Sa lolla
    Foto di Venturino Vargiu

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    Sa lolla de su pottabi
    Foto di Venturino Vargiu

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    Su ziru
    Foto di Venturino Vargiu

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    Sa salla
    Foto di Venturino Vargiu

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    Sa salla
    Foto di Venturino Vargiu

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    S’apposent’e croccai
    Foto di Venturino Vargiu

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    Su comò
    Foto di Venturino Vargiu

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    Il castello
    Foto di Guido Costa

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    Castello Siviller
    Foto di Colette Podda

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    Cortile interno
    Foto di Colette Podda

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    Cortile interno
    Foto di Colette Podda

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    Portale di ingresso
    Foto di Colette Podda

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    Portico
    Foto di Colette Podda

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    Veduta posteriore
    Foto di Colette Podda

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    Probabili amuleti in materiali litici e ceramici
    Foto di Venturino Vargiu

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    Punte di freccia in ossidiana
    Foto di Venturino Vargiu

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    Punte foliate in ossidiana
    Foto di Venturino Vargiu

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    Vaghi di collana di conchiglia
    Foto di Venturino Vargiu

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    Accettina in pietra nera
    Foto di Venturino Vargiu

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    Ceramiche cultura Ozieri
    Foto di Venturino Vargiu

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    Pendente in selce
    Foto di Venturino Vargiu

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    Pendenti in pietra
    Foto di Venturino Vargiu

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    Peso da telaio cultura Ozieri
    Foto di Venturino Vargiu

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    Sposi 1904 Archivio fotografico privato
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    Su istiri antigu Archivio fotografico privato
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    Costume giornaliero
    Archivio fotografico privato

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    Sant’Efisio anni Trenta
    Archivio fotografico privato

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    Sant’Efisio anni Trenta
    Archivio fotografico privato

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    Sant’Efisio anni Trenta
    Archivio fotografico privato

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    Sant’Efisio anni Trenta
    Archivio fotografico privato

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    Sant’Efisio anni Trenta
    Archivio fotografico privato

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    Sant’Efisio 1938
    Archivio fotografico privato

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    Sorelle Marongiu
    Archivio fotografico privato

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    Tzia Maria Podda
    Archivio fotografico privato

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    Tzia Prettina Abis
    Archivio fotografico privato

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    Bambina con maitta
    Archivio fotografico privato

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    Famiglia Tocco
    Archivio fotografico privato

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    Mariuccia Caboni
    Archivio fotografico privato

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    Mariuccia Caboni
    Archivio fotografico privato

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    Raffaele Eriu
    Archivio fotografico privato

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    Donna in costume
    Foto di Venturino Vargiu

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    Donna in costume
    Foto di Venturino Vargiu

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Villasor

Villasor è un centro agricolo e commerciale, dal clima tipicamente mediterraneo, situato nella feconda pianura del Campidano, a ventisei chilometri dal capoluogo sardo; i suoi territori, completamente pianeggianti e in massima parte bonificati ed irrigati sono tra i più fertili dell’Isola e sono coltivati soprattutto a cereali, carciofi e pomodori. Nei primi anni Sessanta si effettuarono delle ricerche petrolifere senza esito e si constatò che il sottosuolo era costituito da depositi di sabbie e ghiaie. Diversi corsi d’acqua attraversano Villasor, ma solo il Flumini Mannu, chiamato anche Riu Mannu, è perenne e di una certa portata. Il Monte Zippiri, alto 891 metri e sede fino agli anni Sessanta di una miniera, è l’unico rilievo nel territorio di Villasor.


Villasor, anticamente chiamato Sorres o Sorris e anche Serris, appare per la prima volta in una carta geografica della Sardegna nel 1550, nell’opera di Sebastiano Münster Cosmographia, e accanto al nome vi è raffigurato anche un castello. Con la dicitura Villa Sorres appare, inoltre, insieme al castello, nella carta Chorographica, Descriptio Provinciarum et Conventum Fratrum Minorum s. Francisci Capucinorum del 1649 e oggi conservata a Washington nella Library of Congress. Sorres dovrebbe derivare dal nome latino horreum, che significa granaio, in riferimento alla grande produzione di grano per il quale venne scelto come luogo di raccolta.
Un’altra ipotesi farebbe derivare Sorres dalla radice greca sor che richiama il personaggio bizantino Spreca vissuto nell’abitato; ciò è risaputo da un reperto archeologico di pietra inciso in lingua greca rinvenuto nella Chiesa bizantina di Santa Sofia, che andò in completa rovina nel XIX secolo, e custodito nel museo archeologico di Cagliari.
Nel XVIII secolo, Villasor, assume l’attuale denominazione; infatti nella carta edita intorno al 1720 da Domenico Colombino è indicato come Villa Sor. Infine nel 1777 il suo nome è Villasor.
Tuttavia recenti ritrovamenti archeologici in tutta la zona del territorio sorrese danno testimonianza di un’origine più arcaica risalente al periodo prenuragico; infatti Villasor fu scelto come luogo di insediamento sin dal Neolitico, come testimoniano le tracce di un villaggio risalente al periodo della Cultura di Ozieri, in località Cresia is Cuccurus.
Al periodo nuragico risale il nuraghe Su Sonadori che prende il nome dalla collina in cui è stato rinvenuto e sulla quale il soffio del vento provoca un particolare suono. Inoltre, testimonianze romane sono state rinvenute in località S’Aqua Cotta.

Il paese, con le sue belle case campidanesi, vive attorno alla chiesa parrocchiale intitolata a San Biagio e alla Casa Fortezza o Castello Baronale Siviller, eretto nel 1415 da Giovanni Siviller, al quale la Corona di Aragona concesse il feudo di Villasor. Degne di nota sono anche le chiese di Sant’Antioco, Santa Maria e Santa Vitalia nella periferia del paese.

Villasor ha anche un richiamo internazionale per il vicino campo di Aviazione della NATO con sede a Decimomannu. Vi è inoltre, in località S’Aqua Cotta, un’antica sorgente termale da cui sgorga acqua calda e sede attualmente dello stabilimento dell’acqua Sandalia e Giara. Un’altra sorgente idrica presso cui sorge uno stabilimento è la fonte San Giacomo, presso il quale viene imbottigliata l’acqua Federica.

Dal dizionario Angius/Casalis:
«In questo territorio evvi una sorgente di acqua minerale e termale detta Acqua cotta. Presso ad un’eminenza in cui termina la catena delle colline di Guttur-e-Forru scaturisce a larga vena un’acqua limpida e calda, la quale dopo breve tratto va a mescolarsi con quelle d’un vicino rio. Il Fara fa menzione di questa sorgente, e ne loda le sue virtù medicinali. La sua temperatura si mantiene costantemente al 32° R. […]
Vi sorge un castello che venne fabbricato nell’anno 1415: di esso si fa menzione in una pergamena esistente nell’archivio arcivescovile di Cagliari, nella quale leggesi, che Pietro, arcivescovo di questa città, col suo capitolo concedeva a Giovanni Sinelleris, signore della spopolata Villa di Sorres, la facoltà di fabbricare sui ruderi dell’antica chiesa parrocchiale un castello in difesa dei nuovi abitanti che questi voleva stabilirvi. Da un tal documento si riconosce, che il luogo di Sorres, sulle cui rovine sorse dappoi Villasor era stato ridotto a deserto per l’accanita guerra che da oltre 50 anni ardeva tra gli arborei e gli aragonesi.»

La devozione alla Vergine e ai Santi è assai diffusa nel paese di Villasor e le feste tradizionali perdurano ormai da secoli. Fra le feste più belle e particolarmente sentite dagli abitanti del paese c’è quella della Vergine della Candelora che si celebra il 2 febbraio e ogni anno viene organizzata da una famiglia diversa. Alla Vergine appartiene un tesoro costituito soprattutto da catene, bracciali, orecchini in oro e un preziosissimo rosario molto antico. La particolarità di questa festa è data da sa cabiedda, una gabbia, in cui viene racchiusa una coppia di tortore e poi abbellita con fiori e gioielli appartenenti alla famiglia organizzatrice. Questa festa testimonia come la tradizione affascini adulti e giovani che si sentono coinvolti in una cerimonia religiosa ricca di devozione e cultura.

Approfondimenti

Villasor prenuragico

I reperti rinvenuti nel territorio di Villasor - tra cui i reperti della collezione Vargiu - sono indizio dell’esistenza di agglomerati di capanne e documentano due grandi periodi della preistoria: il neolitico e il calcolitico. L’origine arcaica di Villasor è oggi ampiamente documentata da recenti scavi archeologici che si sono rivelati di grande importanza per quel che riguarda il patrimonio artistico – culturale del paese.

Il Neolitico si divide in tre fasi:
1)          la prima fase del neolitico nota a Villasor è quella di Bonu Ighinu (4800-4400 a.C.), nella quale gli uomini si insediano in ripari sotto roccia e in villaggi all’aperto, costituiti da capanne;
2)          la seconda fase è quella di San Ciriaco (4400–4200 a.C.), sviluppatasi negli ultimi anni;
3)          la terza fase è quella di San Michele di Ozieri diffusa in tutta la Sardegna e in particolar modo nel Campidano: nel territorio di Villasor sono stati riportati alla luce diversi frammenti di ceramica come vasi a cestello, ciotole emisferiche, pissidi, tripodi e vasi globulari a collo.
Il calcolitico si divide in due fasi:
1)          la prima fase, età del rame o anche sub Ozieri 3500-3300 a.C., è un’evoluzione della precedente; i reperti hanno le forme già note con un irrigidimento e mancanza di decorazioni;
2)          la seconda e ultima fase, conosciuta nel territorio di Villasor, è quella della cultura di Monte Claro (3300–2300 a.C.); in questo periodo i contenitori per alimenti sono di grandi dimensioni e di forma cilindrica, decorati con scanalature ortogonali.

Villasor nuragico

Il periodo nuragico o anche età del bronzo e del ferro (1700-600 a.C.) rappresenta, in tutta la Sardegna, la massima espressione di civiltà indigena prima della colonizzazione fenicio–punica e romana. Il territorio di Villasor è interessato dalla presenza di molti insediamenti nuragici, conservati nella zona di S’Aqua Cotta, antica sorgente termale da cui sgorga acqua calda, oggi sede dello stabilimento dell’acqua Sandalia. In epoca preistorica, questa regione godeva di risorse naturali ed economiche: agricoltura, allevamento, boschi e giacimenti minerari, in particolare il giacimento di Monte Zippiri per l’estrazione di piombo argentifero.
Il territorio di Villasor ha portato alla luce diversi bronzetti di epoca nuragica. Il primo fu rinvenuto nel 1860 nei terreni del Cavalier Vaquer, il quale lo consegnò al museo archeologico di Cagliari, dove è attualmente conservato. Alto 9,5 cm rappresenta una donna che porta una cesta sul capo. Il secondo è stato recuperato nel 1994 in un terreno agricolo in località Sparagallu; alto 6 cm, rappresenta un guerriero con copricapo e pugnaletto, del tipo a elsa gemmata sul petto.

 

Il nuraghe di Villasor

Al periodo nuragico risale il nuraghe Su Sonadori, situato nella zona di S’Aqua Cotta nelle vicinanze delle miniere di piombo argentifero attive fino agli inizi del secolo scorso, che dopo tre campagne di scavo iniziate nel 1994 si è rivelato un nuraghe importante per il collegamento nell’area del Campidano. In principio si intravedevano solo dei massi squadrati che spuntavano dal terreno, ma in seguito si sono rivelate cime di torri ben costruite e collegate a cortine che si sviluppano attorno alla torre centrale, il mastio.
Nella prima campagna di scavo del 1994 vi è stata la recinzione dell’area del nuraghe e quindi l’asportazione dello strato di terreno superficiale che ha messo in evidenza i resti di alcune torri. Nella seconda campagna di scavo del 1995/96 vi è stata un’esplorazione generale del monumento e in particolare del cortile, che ha dato alla luce strumenti da lavoro in pietra e olle (vasi globulari a collo) per la conservazione degli alimenti. La terza campagna di scavo del 1997 è stata dedicata allo scavo del mastio, il quale ha rivelato due livelli; nel livello superiore è emerso un ricco deposito di vasi: olle, macinelli e pestelli, nel livello inferiore sono state trovate ceramiche frammentarie e uno strato di cenere con un piccolo focolare rotondo.

 

Il Castello Baronale Siviller

È assai probabile che Villasor abbia condiviso le sorti della Curatoria di Gippi, parte integrante del giudicato di Cagliari fino al 1258 e possedimento di Guglielmo di Capraia, Giudice d’Arborea e della terza parte del regno cagliaritano. A partire dal 1297 fino al 1370, il paese fu a più riprese sottoposto alla giurisdizione del Comune di Pisa, sebbene Pisa dal 1326 la detenesse a titolo di feudo e in nome del re d’Aragona. Per un lungo periodo il feudo vide alternarsi periodi di prosperità a momenti di grave crisi economica, determinati soprattutto dalle ripetute occupazioni subite nel corso delle guerre che contrapposero Pisa e, successivamente, i Giudici d’Arborea alla Corona d’Aragona.

 

Il nobile catalano Giovanni Siviller, la cui casata era tenuta in grande considerazione in Catalogna e anche dal Consiglio della città di Barcellona, fu il primo a ricevere in feudo, nel 1414, il territorio dell’antica contrada o Curatoria di Gippi o Parte Ippis, conosciuto storicamente come feudo di Villasor. Il suo territorio, compreso tra la campagna di Villaspeciosa, Decimomannu, San Sperate, Samassi e Siliqua, non era molto vasto, ma di grande fertilità agricola. Il Siviller trovò in questo territorio una posizione ideale per le varie comunicazioni con i diversi abitati e con la città Villa di Sorres, capoluogo del feudo, che nel periodo dei Pisani era già fiorente, superando la stessa Gippi. Il Siviller scelse pertanto Sorres come centro del suo feudo. La trovò però quasi del tutto distrutta sia a causa delle ostilità tra Arborea e Aragona, sia per le numerose razzie delle bande barbaricine che scendevano dai monti verso il sud dell’Isola per combattere le popolazioni fedeli ai dominatori stranieri che loro avversavano. L’infeudazione pose obbligo al nobile Siviller di abitare nel feudo e di riordinare la disastrata Sorres; nel 1415 fece erigere pertanto una Casa-Fortezza con caratteristiche di abitazione e di difesa del paese: il castello ancora oggi esistente, dichiarato monumento nazionale nel 1910.

La pianta dell’edificio è a forma di “U”. La sommità delle mura agli angoli, alla chiusura dei due bracci aperti e nel fronte che costituisce il prospetto principale è coronato da una merlatura guelfa con saettiere. All’interno vi è un bellissimo cortile su cui si affacciano le finestre e una scala che permette l’accesso interno al castello e ad un balcone che gira lungo tutte le mura.
Un sotterraneo collegava il castello alla chiesa parrocchiale, alla sinistra dell’altare maggiore; la copertura dell’ingresso del sotterraneo, costituito da una lastra di ardesia, era ancora visibile negli anni ‘50. L’edificio richiama stanze signorili di stile gotico-catalano, con finestroni di pietra lavorati a traforo sul lato principale e sul retro da dove si può vedere il giardino interno con i sedili in pietra. L’esterno è costituito da grossi muri a scarpata, contrafforti di pietre squadrate e merlate. In seguito al recente restauro le sale interne hanno conservato tutte il soffitto in legno, le cui travi di carico poggiano su mensole. Sopra il portale principale vi è lo stemma di famiglia di forma circolare sormontato da una corona marchionale; in rilievo, nella metà di sinistra, si vedono sei palle, arma dei de Silva, sovrapposte ad un albero, simbolo degli Arborea, nella metà di destra, una torre alata, arma degli Alagon. Lo stemma apparterrebbe alla casata degli Alagon Arborea de Silva, cioè agli eredi della fusione dei due casati avvenuta con il matrimonio tra Manuela Alagon Arborea, marchesa di Villasor e il conte Giuseppe de Silva Fernandez De Cordoba conte di Cifuentes.

Il feudo fu riconfermato a Giovanni Siviller anche dal re Alfonso d’Aragona, il quale gli concesse anche la potestà di trasmetterlo ai figli per sempre. Erede universale fu la sua unica figlia Donna Aldonsa, la quale andò in sposa a Don Giacomo Bejora; il matrimonio unì i feudi di Villasor e della Trexenta. In seguito al matrimonio della loro figlia Isabella con Salvatore Alagon si unirono anche i casati Siviller e Alagon. Don Carlo, uno dei figli, ereditò la Trexenta, mentre Don Giacomo, l’altro figlio, ottenne dal re Carlo V il titolo onorifico di Conte di Villasor nel 1506. Al figlio primogenito di Don Giacomo, Don Biagio, è presumibilmente dedicata la chiesa parrocchiale di Villasor a cui aveva assistito al completamento. Nel 1703 il marchesato passò a Manuela Alagon, moglie di Giuseppe de Silva. Il feudo fu definitivamente riscattato nel 1838 in seguito all’abolizione del sistema feudale in Sardegna.

La chiesa parrocchiale di San Biagio

La chiesa parrocchiale dedicata al vescovo martire San Biagio, venne edificata nella prima metà del 1500 con un’originaria struttura in stile gotico–aragonese, di cui conserva le evidenti tracce nelle prime cappelle laterali, nel campanile e nel portale archiacuto. Ampiamente rimaneggiata tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, specie nella parte posteriore dove fu eretta la cupola, fu riconsacrata nel 1915.

 

La Chiesa è a forma di croce latina, distinta in tre navate, coperte da volte a botte. All’incrocio della navata centrale del transetto sorge la cupola su tamburo poligonale. Delle nove cappelle, solo le prime due sono antiche, le altre si adattano allo stile della Chiesa, cioè slanciate con l’arco a tutto sesto. Il presbiterio si eleva sul piano della Chiesa e vi si accede per una scalinata di marmo. L’altare maggiore è ricco di marmi ad intarsio e reca al centro l’immagine di San Biagio del Lonis. Nelle cappelle di destra, si notano due altari particolari: uno con due scudi gentilizi, uno crociato e uno con la scritta Libertas, e l’altro del 1747. Essi provengono dalla chiesa cagliaritana di San Francesco a Stampace, andata distrutta. Il vecchio fonte battesimale fu collocato nel 1805 nell’antica cappella sotto la torre campanaria. Sulla torre sono installate cinque campane; su una di esse si legge: In honorem B.M. Vergini set S. Basii huius parochialis ecclesiae ex oppido de Villa Sorre. A.D. 1701.
Nel 1882 furono affidati all’ingegnere Antonio Vivanet i lavori di sistemazione del piazzale antistante la chiesa; il muro di giro della piazza, oggi inesistente, venne ricoperto con trachite di Serrenti e le gradinate di accesso alla chiesa vennero rivestite in granito. Nel piazzale, intorno al 1885, fu sistemata una colonna sormontata da una croce andata perduta. Nel 1951 si diede al piazzale l’assetto attuale e nel 1964 venne portato a termine il nuovo fonte battesimale donato dal Comune.
Un curioso aneddoto riguarda l’incendio della sacrestia avvenuto, pare per incuria del sacrista, il 30 ottobre 1909 e durante il quale la sacrestia andò completamente distrutta; si salvò solo l’argenteria che fortunatamente si trovava nell’archivio parrocchiale.
Il parroco fu obbligato a trasportare il Santissimo Sacramento nella Chiesa di Sant’Antioco fino al giorno in cui, riparata la sacristia, fu riportato in parrocchia in processione, seguito da tutto il popolo in festa. Al riparo dei danni dell’incendio concorsero generosamente l’Arcivescovo, il Municipio e i muratori del paese che lavorarono gratuitamente insieme all’intera popolazione.

I conventi

Nel XVII secolo furono fondati a Villasor due conventi: San Michele o Santu Miabi appartenente all’ordine dei frati minori osservanti e il convento di Sant’Antioco appartenente ai Cappuccini.Le circostanze che determinarono la costruzione di questi due conventi così vicini tra loro sono sconosciute, forse fu la generosità degli abitanti ad indurre i superiori dei due ordini a scegliere Villasor come loro sede.
Il primo ad essere edificato fu il convento di San Michele, la cui costruzione si fa risalire al 1610, a spese del Canonico Don Achille Bosquet che lo arricchì di arredi e paramenti. Il convento sorse nelle vicinanze della chiesetta di San Michele Arcangelo, situata a poca distanza da Villasor. Il sigillo appartenuto a questo convento è stato rinvenuto in una carta conventuale del 1756 e riproduce la figura dell’Arcangelo San Michele ad ali spiegate, con la spada fiammeggiante sulla destra, la bilancia nella mano sinistra, nell’atto di calpestare l’angelo ribelle. Il Regio Decreto del 7 luglio 1866 che soppresse Ordini, Corporazioni, Congregazioni e Conservatori religiosi e destinò i beni ad essi appartenuti al demanio dello Stato, si abbatté anche su questo convento costringendo i frati al suo abbandono. In breve tempo le chiese e i conventi, prive della necessaria manutenzione divennero un cumulo di rovine. Pochi oggi ricordano le rovine del convento di Santu Miabi e la vendita, da parte del parroco di Villasor, delle opere d’arte che vi erano custodite.

 

Il Convento di Sant’Antioco fu completato nel 1630 con sovvenzioni di autorità e con l’aiuto della popolazione di Villasor e dei paesi vicini che contribuirono economicamente alla sua edificazione e, in seguito, anche al sostentamento dei frati cappuccini. Contiguo al convento vi era un orto che si estendeva attorno. Anche questo convento subì gli effetti del Regio Decreto del 1866 e il comune ottenne i beni ad esso appartenuti. Nei locali dell’ex convento furono trasferiti il Municipio e le scuole. Nel 1967 questi locali furono sottoposti a restauro per ospitare, fino al 2002, l’asilo infantile curato dalle suore dell’ordine delle Figlie di San Giuseppe.
La chiesa di Sant’Antioco conserva un fonte battesimale del 1743. Nel 1954 furono acquistate nuove campane che vennero collocate nel 1962, quando fu sistemato il muro esterno della Chiesa. Nel giugno del 1963 si rivestì in marmo l’altare maggiore e si pavimentò il presbiterio con perlato di Sicilia. Un quadro rappresentante la Crocifissione, attribuito al pittore genovese Orazio de Ferrari e conservato nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari è stato riportato nel 2005 nella sua sede originale dal Sindaco Efisio Pisano. Dipinto ad olio su tela, privo di cornice, fu restaurato nel 1934 dal professor Bacci Venuti. L’opera si fa risalire al 1647.
Un’altra crocifissione sull’altare maggiore e un dipinto sistemato sulla parete sinistra dell’ingresso principale, con una bellissima cornice intagliata, sono attribuiti al pittore cagliaritano Francesco Massa, che operò nel XVIII secolo, soprattutto nella sua città natale e fu allievo del pittore veneto Antonio Scaletta.
I locali dell’ex Convento dei Cappuccini ospiteranno esposizioni di documenti storici, un archivio consultabile e un sistema informativo multimediale che consentiranno ai visitatori di approfondire i temi della storia e della tradizione locale e di diventare, pertanto, uno dei poli di attrazione turistica di Villasor.

La chiesa di Santa Vitalia

La chiesa di Santa Vitalia che sorge lungo la strada statale per Villacidro fu interdetta nel 1888 per le sue precarie condizioni. I sorresi però, non lasciarono che si estinguesse la più importante festa popolare di Villasor in onore della Santa e costituirono un comitato per la costruzione di una nuova chiesa su un terreno accanto alla precedente che fu ceduto da un possidente del paese e i lavori di costruzione terminarono nel 1895. Questa graziosa chiesetta è stata ampiamente ristrutturata negli anni ottanta.

 

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