La vanità
- gioielli
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Ameriga Vacca - gioielli
Testimonianza di Ameriga Vacca (nota Merita)
I gioielliLa signora Merita mostra l’anello d’oro che ha ereditato da sua madre, la quale lo ricevette in dono, con tutta probabilità, dal futuro sposo nel giorno del loro fidanzamento. Ricorda anche di una spilla che però smarrì un giorno in cui sua madre le concesse di indossarla.
L’anello d’oro ereditato, pur non essendo di altissima qualità, era di certo ben oltre le possibilità dei più per quei tempi. Quell’anello la signora Merita lo utilizzò il giorno del suo matrimonio, ma poi non ebbe più occasioni per indossarlo.
In riferimento all’anello e alla sua simbologia, ricorda di una filastrocca che da ragazza recitava con le amiche quando, con il bel tempo, arrivavano le coccinelle (is majolas):
«Majola majola - bai a Casteddu sola - e bitimì un’aneddu – un’aneddu po sposai - majola torradinci andai».
(«Coccinella coccinella - vai a Cagliari da sola - e portami un anello - un anello per sposarmi - coccinella vai»).La signora Merita recita anche le parole di una canzone che contiene riferimenti ai gioielli e al loro significato:
«Po sant’Efis de Pula - incìngiu su cadenatzu - cun sa gancèria. - Po sant'Efis de Pula - po chi bella no sia - figura ddoi fatzu - in s'aredari tua».
(«Per Sant’Efisio di Pula - indosso la catenina - con sa ganceria. - Per Sant’Efisio di Pula - anche se non sono così bella - faccio una bella figura - davanti alla tua famiglia»). -
Emma Pitzianti e Claudia Perseu - gioielli
Testimonianza di Emma Pitzianti e Claudia Perseu
I gioielliAi tempi in cui la signora Claudia era ragazza si andava in compagna alla ricerca di piante ed erbe i cui frutti (dalle bacche alla frutta secca) e fiori venivano forati per farvi passare del filo e comporre braccialetti, cannacas de froris (collane di fiori) e anche cavigliere. In particolare la signora ricorda il frequente utilizzo dei frutti di pisciallettu o coravigu, piccole bacche rosse mature. Erano questi i “gioielli” indossati dalle ragazze, sia per gioco sia per uscire, mentre i veri gioielli non potevano essere usati così di frequente, quanto meno non da tutte.
La signora Emma ricorda che era usuale, però, appuntare una spilla al petto, ma la signora Claudia non sembra concordare, perché un tempo si diceva che era meglio non metterle; lei non utilizzava mai neppure le spille da balia (is agullas), nemmeno per fissare le fasce (sa latzada) quando era incinta, perché temeva che attraverso l’ombelico potesse arrecare danno al bambino (!).
La signora Emma, dal canto suo, conferma l’utilizzo delle spille e racconta di averne ereditato una d’oro dalla suocera, alla quale la regalò una cognata per il fidanzamento, quindi è una spilla molto antica. Si tratta di una spilla da fazzoletto, che la signora non usa quasi mai e tiene custodita in un cofanetto. Da giovane, a 19-20 anni, lei era solita utilizzare spille da fazzoletto, insieme a quelle da mettere sul petto, quando usciva a passeggio con le amiche. -
Monica Pau - gioielli
Testimonianza di Monica Pau (nota Gianna)
I gioielliPer il battesimo i padrini erano soliti regalare la catenina d’oro oppure gli orecchini. La signora Gianna ha ricevuto gli orecchini d’oro per il battesimo e la catenina d’oro per la cresima.
I buchi nei lobi delle orecchie venivano praticati alle bambine a pochi giorni dalla nascita: le figlie di signora Gianna avevano un giorno di vita! L’esecuzione del foro veniva fatto direttamente dall’ostetrica, la quale prendeva un tappo di sughero, bucava con un ago il lobo dell’orecchio e poi vi lasciava dentro un pezzetto di filo; dopo qualche giorno il filo veniva sfilato e si mettevano is cannixeddas, gli orecchini d’oro per bambini, piccoli e schiacciati. Anche le figlie di signora Gianna hanno ricevuto in dono dalla nonna materna un tipo di cannixeddas lavorato.
Per il fidanzamento Gianna ha ricevuto in dono da parte della futura suocera un rosario in filigrana d’argento, mentre il suo fidanzato ricevette da parte dei genitori di Gianna un orologio.
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Anello da fidanzamento in oro, con inserimento di paste vitree colorate (due verdi e una trasparente) incastonate a notte, primo Novecento.
Collezione Ameriga Vacca.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_vanit__-9915/big/002 vanita_siddi.jpg
Anello, ricavato da orecchino, in oro giallo e bianco, con pasta vitrea trasparente incastonata a notte, primo Novecento.
Collezione privata.
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Anello, ricavato da orecchino, in oro giallo e bianco, con pasta vitrea trasparente incastonata a notte, primo Novecento.
Collezione privata.
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Bracciale in rame a forma di serpente, anni Quaranta.
Collezione privata.
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Orologio da taschino d’argento Remontoir Cylindre, dotato di catenella per fissarlo agli indumenti, metà XIX secolo.
Collezione privata.
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Orologio da taschino d’argento Remontoir Cylindre, dotato di catenella per fissarlo agli indumenti, metà XIX secolo.
Collezione privata.
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Orologio da taschino d’argento Remontoir Cylindre, dotato di catenella per fissarlo agli indumenti, metà XIX secolo.
Collezione privata.
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Orecchini in oro giallo e bianco (recto) con pasta vitrea trasparente incastonata a notte, anni Quaranta.
Collezione Regina Spiga.
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Orecchini in oro giallo e bianco (verso) con pasta vitrea trasparente incastonata a notte, anni Quaranta.
Collezione Regina Spiga.
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Orecchini in oro giallo con applicazioni in oro bianco, anni Cinquanta.
Collezione Giuseppe Branca.
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Orecchini in oro giallo e bianco con pasta vitrea trasparente incastonata a notte, anni Cinquanta.
Collezione privata.
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Cannixeddas, orecchini a cerchio in oro, anni Cinquanta.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600455 - images/morfeoshow/la_vanit__-9915/big/013 vanita_siddi.jpg
Spilla in oro (recto), con perle incastonate in pasta vitrea. Utilizzata per fermare il fazzoletto (su muncadori) sul capo, primo Novecento.
Collezione Emma Pitzianti.
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Spilla in oro (verso), con perle incastonate in pasta vitrea. Utilizzata per fermare il fazzoletto (su muncadori) sul capo, primo Novecento.
Collezione Emma Pitzianti.
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Spilla in oro dal motivo floreale (recto), con perla bianca in posizione centrale e pasta vitrea colorata incastonata, anni Settanta.
Collezione privata.
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Spilla in oro dal motivo floreale (verso), con perla bianca in posizione centrale e pasta vitrea colorata incastonata, anni Settanta.
Collezione privata.
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Spilla in oro (recto) con motivi a foglia e pasta vitrea colorata incastonata, anni Settanta.
Collezione privata.
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Spilla in oro (verso) con motivi a foglia e pasta vitrea colorata incastonata, anni Settanta.
Collezione privata.
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Portasigarette d’argento con decorazioni floreali a incisione e chiusura con lapislazzuli incastonato, metà XIX secolo.
Collezione privata.
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Portasigarette d’argento con decorazioni floreali a incisione e chiusura con lapislazzuli incastonato, metà XIX secolo.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600
la magia
- gioielli
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Ameriga Vacca - sa sabegia
Testimonianza di Ameriga Vacca (nota Merita)
Sa sabègiaLa signora Merita racconta che quando si usciva con un bambino molto piccolo gli si metteva addosso sempre qualcosa di verde e sa sabègia; se non si possedeva una sabègia si ricorreva a un pezzo di lana da avvolgere nel braccio del bambino. La signora Merita mostra la sabègia che ha ereditato da sua madre: tra le tante tipologie esistenti, questa può essere classificata come piuttosto raffinata, costituita da un supporto in filigrana d’argento e una pietra nera di dimensioni maggiori rispetto ad altri esemplari.
Sa sabègia si applicava alla spalla del bambino insieme a un fiocchetto verde; si fissava con una spilla da balia che spesso era accompagnata anche da un cornetto (unu corrixeddu), anch’esso filtro contro il malocchio (s’ogu liau). Il materiale dei cornetti variavano: potevano essere d’argento, ma anche di materiali più poveri, acquistati in genere nelle bancarelle che facevano tappa nel paese in occasione delle feste. Sabègias di piccole dimensioni potevano essere applicate alla bavetta del bambino.
La signora Merita dice di non avere mai indossato sa sabègia avuta in dono. -
Ameriga Vacca - su estiu
Testimonianza di Ameriga Vacca (nota Merita)
Su estiuSu estiu era qualcosa che si potrebbe assimilare a un fantasma. Quando si usciva di casa durante la notte, considerando che le strade all’epoca non erano illuminate, poteva capitare che si intravedessero delle luci, delle fiammelle che si spostavano, che fuggivano. Così si diceva: «La la su estiu!» («Ecco su estiu!»). Quando ci si rendeva conto che questa luce si avvicinava alle persone, ci si faceva il segno della croce per usufruire di una certa immunità e, per incrementare la protezione del gesto, contemporaneamente, si dicevano preghiere: «Deus miu de sa cruxi» («Dio mio della croce!»).
La signora Merita non è però certa del fatto che su estiu fosse qualcosa di reale, perché ai suoi tempi dice che si aveva paura qualsiasi cosa! -
Emma Pitzianti e Claudia Perseu - mexinas
Testimonianza di Emma Pitzianti e Claudia Perseu
MexinasLa signora Emma racconta che quando i bambini stavano male si ricorreva al rito dei peis travessus, che consisteva nel disporre i bambini a pancia in giù e nel cercare di congiungere la manina destra con il piedino sinistro; allo stesso modo si ripeteva anche per la mano sinistra con il piedino destro: se non si riusciva a ottenere il contatto degli arti incrociati, significava che il bimbo stava soffrendo di un qualche dolore (teniat unu doloreddu) e quindi si doveva ripetere il procedimento per i tre giorni seguenti.
Per qualsiasi altra forma di malessere si ricorreva alla mexina de s’ogu liau (la “medicina” contro il malocchio) e, anche se non ci si credeva ciecamente, risultava sempre efficace! Veniva praticata dalle “donne esperte” come racconta la signora Emma, la quale si rivolgeva a una donna di fiducia per sottoporre se stessa e i suoi bambini. Il rito si svolgeva così: la “donna esperta” metteva un po’ d’olio in un piatto, due o tre granelli di grano e se questo restava sopra e non faceva le bollicine significava che la persona aveva s’ogu liau; a quel punto si guariva! La donna che praticava la “medicina”, durante il rito, teneva una medaglia e pronunciava delle parole, delle preghiere, ripetendole a bassa voce, che solo lei conosceva (su chi narànt no ddu scoviànt ossia «quel che dicevano non veniva rivelato»).La signora Claudia racconta di come gli influssi negativi del malocchio colpissero non solo bambini e adulti, ma spesso anche gli animali. Racconta di quando nel cortile di casa della suocera, pieno di diversi animali domestici (galline, tacchini, oche), un’oca (sa coca) improvvisamente avesse manifestato un malessere; condotta dalla signora che praticava la “medicina” contro il malocchio, si era ripresa subito.
La pratica veniva eseguita anche sulle piante, come accadde per la pianta di limone della signora Emma.
Si dice che chi trasmette il malocchio - liat de ogu (prende d’occhio) - non sempre sia cosciente di farlo, spesso è una persona affetta da strabismo, che magari attratto dalla bellezza di qualcosa (ad esempio una pianta) dda leat de ogu. Si possono così anche fare supposizioni per risalire al probabile, anche se inconsapevole, colpevole del seccarsi improvviso di fiori e piante del giardino: «Là! benida sa talli, sicada sa mata» («Visto! È venuta tale persona e la pianta si è seccata!»).
Un altro rimedio tradizionale era costituito da is cucheddas, utilizzate per la guarigione del mal di testa e del mal di denti. La preparazione consisteva nell’impastare, direttamente sul palmo della mano, del vino rosso con un po’ di farina, mentre a parte si preparava un dischetto di carta bianca che, unito all’impasto, veniva applicato sulle tempie del malato. L’intento di questi impacchi era che “assorbissero” i dolori e quando venivano rimossi erano completamente secchi (arridus che pistocu! - secchi come biscotti). -
Orlando Vacca - mexinas
Testimonianza di Orlando Vacca
MexinasIl signor Orlando recita una preghiera contro i fulmini.
«Santa Bàrbara e Santu Iacu - bosu portais is crais de lampu - bosu portais is crais de celu - no tocheis fillu allenu - nì in domu nì in su sartu - Santa Bàrbara e Santu Iacu».
(«Santa Barbara e San Giacomo - voi che avete le chiavi dei fulmini - voi che avete le chiavi del cielo - fate in modo che non accada nulla a nessun figliolo - né in casa né in campagna - Santa Barbara e San Giacomo»).
Questa preghiera, molto diffusa, veniva recitata durante i temporali, sia dalle persone che si trovavano in casa, sia da quelle che si trovavano nelle campagne per lavoro.
Orlando racconta anche degli oggetti e degli addobbi per gli animali utilizzati nel lavoro dei campi: i cavalli avevano un corredo da mettere in testa, addobbi piriformi (tipu piras) di colore verde e rosso; i buoi avevano guturadas con le campane e anche qualche fiocchetto verde.
Infine, il signor Orlando mostra una medaglia trovata, tanti anni fa, in territorio di Pedra de cungiau, nelle campagne siddesi, mentre zappava; l’ha mostrata a uno dei suoi figli che l’ha riconosciuta come un tipo di medaglia utilizzata per fare sa mexina de s’ogu liau (la medicine contro il malocchio). Per questo l’ha conservata. Nella medaglia ci sono due teste, una per lato. -
Monica Pau - ànimas bandidas
Testimonianza di Monica Pau (nota Gianna)
Ànimas bandidasÀnimas bandidas o animas cundannadas...
Si racconta che un tempo, quando le donne andavano a lavare i panni al fiume, si sentiva una voce femminile che diceva: «Non piangete che svegliate mio figlio!» e si dice che fossero le anime condannate.
Ricorda, inoltre, che quando era bambina, in paese ci fu un’invasione di topi e lei con i suoi fratellini ebbe molta paura. Il parroco dell’epoca, un tale padre Figus, fece una missa de arritiru (una messa di “ritiro”) in quanto si pensava che quei topi fossero ànimas cundannadas. I topi non si videro più. Non si conoscono le parole pronunciate dal sacerdote, ma presumibilmente sono quelle del breviario (su breviàriu). -
Maria Picchedda - mexinas
Testimonianza di Maria Picchedda
MexinasLa signora Maria racconta che quando si usciva con un neonato si usava appendere un fiocchetto verde nel braccino affinché non fosse colpito dal malocchio (po no ddu liai de ogu). Come protezione, oltre al fiocchetto, si utilizzava una spilla composta da più oggetti: una conchiglia “piccolina piccolina”, un pesciolino e un’ancora in madreperla. Così era composta la spilla che la signora Maria ereditò dalla suocera. S’ogu liau era qualcosa di negativo perché, se al bambino ddu liànt de ogu, poteva stare molto male ed era necessario portarlo dalle donne che praticavano la “medicina” per ottenere un beneficio.
La signora Maria crede in questo. Le parole pronunciate durante il rito dalle “persone esperte” erano delle preghiere che non venivano rivelate. Durante il rito si utilizzava un piatto con dell’olio su cui veniva messo del grano: se si formavano delle bollicine mentre la donna recitava la preghiera voleva dire che c’era il malocchio e, in questo caso, il rito doveva essere ripetuto per qualche giorno.
Si diceva che se il bambino non veniva sottoposto alla medicina contro il malocchio allora no satàt su mercunis, ossia il bambino sarebbe morto prima del mercoledì successivo.
La “medicina” veniva praticata sia sui bambini che sulle persone adulte, ma era necessario crederci affinché si potesse godere dei suoi benefici. Un altro modo di svolgere la pratica contro il malocchio consisteva nel posizionare un piatto sulla testa della persona affetta da ogu liau durante il pronunciarsi della preghiera.
La signora Maria racconta anche di indumenti indossati al contrario e di come per lei sia una consuetudine farlo da sempre, ma anche ammettendo che, forse, è solo una superstizione che non serve a nulla. Rivela di indossare indumenti al rovescio (in genere si tratta della biancheria intima) per evitare che qualcuno le auguri del male e che questo male realmente si manifesti (po no ti frastimai sa genti e ti calai su frastimu), anche se sa che la chiesa non approva (!). -
Zelanda Pisanu - sa sabegia
Testimonianza di Zelanda Pisanu
Sa sabègiaLa signora Zelanda racconta che ai bambini molto piccoli si metteva sempre su frochixeddu birdi, di solito nel braccio, oppure anche sa sabègia - sua madre ne possedeva una celeste - e un cornetto in osso. La signora Zelanda ricorda che sua madre appuntava sa sabègia ai suoi fratelli minori ed è quindi naturale che l’avesse messa anche su di lei.
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Zelanda Pisanu - mexinas
Testimonianza di Zelanda Pisanu
MexinasLa signora Zelanda ricorda diversi tipi di rimedi tradizionali utilizzati frequentemente da sua madre.
Quando i suoi fratelli più piccoli stavano male, la mamma preparava e utilizzava sulla parte dolorante degli impacchi di poddineddu (simile alla crusca). Poi usava sa napixedda de s’angioni.
Usava molto fare anche impacchi di sensu (assenzio), un’erba violacea che a Siddi cresce moltissimo in località Bìngia caboni: la madre prendeva quest’erba, la faceva tostare su una padella, poi la metteva dentro un sacchetto all’interno del quale si ammorbidiva e posava l’impacco sul petto dei bambini quando soffrivano di bronchite o tosse.
La signora racconta anche di un suo fratellino che stava sempre male e che morì a soli cinque mesi: su di lui la madre praticò ogni genere di “medicina” tradizionale senza, però, alcun effetto positivo.
E ancora, sulle dita delle mani, che dopo tagli di varia natura potevano infiammarsi, si utilizzava un’erba, sa narbedda (malva): quest’erba veniva impastata con mollica di pane e si utilizzava per fare gli impacchi. Mentre per i foruncoli si usava fare impacchi con su capeddu de muru (ombelico di Venere).
Sa mexina de is gorteddeddus (la medicina dei coltellini) era il rimedio per una tipologia di dermatite, nota come sa figu, che si formava in genere sotto le ascelle: la mamma di signora Zelanda faceva gorteddeddus de figu a totus (coltelli ottenuti dai rami della stessa pianta di fico, puliti e resi appuntiti), che venivano posati sulla parte lesionata, incrociati per più volte.
La signora Zelanda ricorda poi una “medicina” particolare che venne praticata su di lei. Le era comparsa una ghiandola nell’inguine che si infiammò e le causò febbre alta e gonfiore; il medico arrivò perfino a dire che rischiava di perdere la gamba. Sotto consiglio della comare, la madre prese delle molliche di pane, le lavorò con un po’ d’acqua e zafferano fino a ottenere un impacco da utilizzare nella parte infiammata. Dopo qualche giorno la signora guarì.
Quando le donne soffrivano di mastite (pilu de tita) si diceva che dovevano allattare il bambino a pliu imbressi, a s'imbressi (al contrario).La signora Zelanda racconta anche che il giorno dell’incontru, nel momento in cui tocant a glòria (quando suonavano le campane nel momento in cui la Madonna e Gesù si incontravano) la madre, con un bastone in mano, picchiava forte sulla porta d’ingresso e sulla porta del retro della casa, in modo da scacciare via il diavolo: o meglio era un modo per non farlo entrare e, se era già entrato, un modo per farlo uscire dal retro. E nel frattempo diceva: «Diavolo se sei entrato vattene da casa mia!».
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Antonia Uras - mexinas
Testimonianza di Antonia Uras (nota Pinedda)
MexinasLa signora Pinedda racconta di alcuni antichi rimedi.
Quando le donne, durante il periodo dell’allattamento, soffrivano di mastite (piaditta), per alleviarne il dolore si consigliava di allattare il bambino tenendolo in braccio nel verso contrario (a s'imbressi).
Se i bambini accusavano un dolore (daboreddu) gli si disponeva a pancia in giù e, afferrandogli il piedino destro con la manina sinistra, si cercava di farli congiungere e così per il piedino sinistro con la manina destra: se manina e piedino non si toccavano (no acciungianta a pari) veniva confermata l’ipotesi del daboreddu e la pratica, denominata dei peis travessus, si ripeteva per altre tre volte.
Quando i bambini avevano catarro (catarreddu) si prendeva una catixedda de seu (detta anche napixedda de s’angioni) che veniva cosparsa su di un foglio di carta celeste e posata poi sul petto del bambino per tutta la notte, per tenere calore. Se la “medicina” non dava esito positivo la prima notte, si ripeteva anche la notte seguente e il bambino di solito guariva.
Quando i bambini rimettevano il latte, si ricorreva a su callu pattau: si appoggiavano sulle ginocchia della mamma, o di una “donna esperta”, la quale ribaltava i bambini con una sorta di capriola (ddus furriant a fundu a susu) per tre volte di seguito (e tutto passava!).
Per le infezioni della bocca (sa buca mala) si cospargeva del miele con un fazzolettino di stoffa bianca all’interno della bocca del bambino.
Quando i bambini avevano la pelle arrossata (erano scadrius) - talco e pomate non erano certo così diffusi - si ricorreva ad altri rimedi: si poteva preparare s’ollu minau ottenuto aggiungendo un po’ d’olio all’acqua e poi si mescolava fino a ottenere una soluzione bianca dalla consistenza cremosa, da applicare sulla pelle arrossata del bambino; oppure, in sostituzione al talco, si andava a recuperare su pruineddu de arroca, ossia la polvere finissima - prodotto di disgregazione - di alcune pietre locali.Questo genere di “medicine” tradizionali non erano rivolte esclusivamente ai bambini, ma si era soliti praticarle anche sugli adulti. Oltre a queste ce n’erano delle altre.
Per le mani rovinate (spapagalladas, tzacadas) dai lavori nei campi la sera ci si ungeva con s’ollu minau, in modo da idratarle.
Per il mal di pancia mettevano un po’ tabacco sull’ombelico; a tal proposito la signora Pinedda ricorda che suo padre, che soffriva di coliche, era arrivato addirittura a mangiare il tabacco con un pezzetto di pane e, nonostante la disperazione di tutta la famiglia che temeva un danno ancora maggiore, dopo poco tempo i dolori erano andati via.
Sa genna de s’anima arruta (letteralmente “la porta dell’anima caduta”) era anch’essa una pratica a cui si ricorreva per il mal di pancia: si prendeva una moneta (unu soddu), la si avvolgeva in un pezzetto di stoffa che veniva bagnato nell’olio e poi lo si posava sull’ombelico. Dopodiché si prendeva un bicchiere di vetro e lo si posava, capovolto, per qualche secondo sulla pancia in corrispondenza del fagotto di stoffa: sollevando il bicchiere, che diventava una sorta di ventosa, si generava un rumore simile a uno scoppio. Questo rimedio veniva ripetuto più volte fino a ottenere l’effetto desiderato.
Per la guarigione del mal di testa si ricorreva all’utilizzo di un anello – s’aneddu de s’emigrania - posseduto da una donna del paese: l’anello veniva legato ai capelli del malato che doveva tenerlo, anche fino a un mese, finché non sentiva più dolore.
Per il mal di denti c’era sa luzzada, un’erba che si trovava in campagna e che la vicina di casa della signora Pinedda le portava quando ne aveva bisogno: l’erba si pestava e poi la si metteva nel dente dolorante. L’effetto e la sensazione era di bruciore, infatti passava il mal di denti, ma vi era un effetto collaterale: il danneggiamento delle gengive (sinzabasa).
Per i mali che colpivano gli occhi (is ogus malus) si ricorreva all’utilizzo di piccoli ragni che venivano raccolti da rigagnoli d’acqua (arrius) o fonti (mitzas); la signora Pinedda ricorda di aver visto eseguire la “medicina” da una donna del paese (zia Luigina Aresti) che applicò i ragnetti alle tempie di un uomo; dopo qualche giorno di applicazione l’uomo guarì dal suo male agli occhi.
Se si veniva punti dall’àrgia (aracnide velenoso) si praticava un rito per alleviare gli effetti del veleno. La signora Pinedda ricorda che accadde a un uomo del paese e così, mentre lui era in preda alle febbri causate dalla puntura dell’insetto, la gente del paese si recava nella sua casa e, per tentativi, adottava diversi comportamenti: chi s’àrgia fiat fiuda tocàt a atitai, chi fiat bagadia tocàt a cantai e chi fiat cojada tocàt a baddai, che significa che se s’argia fosse stata vedova si doveva intonare un canto lamentoso, se fosse stata nubile si doveva cantare e se fosse stata sposata allora si doveva ballare. Nel caso specifico, i giovani del paese andarono a cantare a casa dell’uomo perché s’argia era zitella: l’uomo si riprese.
Su contraferenu (contravveleno) era un rimedio utilizzato quando si veniva punti da insetti velenosi; si utilizzava un pezzo di pelle avvolto, posseduto da qualcuno nel paese, che veniva strofinato sulla parte interessata dalla puntura.
Quando i bambini, ma anche gli adulti, mostravano un malessere improvviso si credeva di essere stati colpiti dal malocchio. Allora ci si doveva rivolgere alle persone che facevano la “medicina” (sa mexina de s’ogu liau). La suocera di signora Pinedda praticava sa mexina e una volta riuscì a guarire un cavallo. Ma la signora Pinedda non ha mai imparato la “medicina” perché la suocera la insegnò esclusivamente a una sua figlia: infatti, si diceva che non la si poteva tramandare a più di una persona.
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Sabègia, fine XIX secolo.
Globo di pasta vitrea nera, incapsulato in filigrana d’argento e sostenuto da due catenelle in lamina d’argento.
L’amuleto è stato tramandato da madre in figlia; a esso si attribuiva il potere della protezione dei neonati dagli influssi negativi dell’ogu liau. Per questo motivo veniva appuntato nella spalla (in su coddixeddu) del bimbo mediante una spilla da balia, accompagnato sempre da un nastrino di colore verde (su frochixeddu birdi).
Collezione Ameriga Vacca.
Foto di Arianna Murru.422600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/002 magia_siddi.jpg
Sabègia (particolare), fine XIX secolo.
Globo di pasta vitrea nera, incapsulato in filigrana d’argento e sostenuto da due catenelle in lamina d’argento.
L’amuleto è stato tramandato da madre in figlia; a esso si attribuiva il potere della protezione dei neonati dagli influssi negativi dell’ogu liau. Per questo motivo veniva appuntato nella spalla (in su coddixeddu) del bimbo mediante una spilla da balia, accompagnato sempre da un nastrino di colore verde (su frochixeddu birdi).
Collezione Ameriga Vacca.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/003 magia_siddi.jpg
Amuleto composito caratterizzato da una sabègia (globo di pasta vitrea nera) e da un contenitore cilindrico in lamina d’argento (portaprofumi o agoraio) uniti da una catenella d’argento, XIX secolo.
All’amuleto e, in particolare, a sa sabègia si attribuiva il potere della protezione dei neonati dagli influssi negativi dell’ogu liau. Per questo motivo veniva appuntato nella spalla (in su coddixeddu) del bimbo mediante una spilla da balia, accompagnato sempre da un nastrino di colore verde (su frochixeddu birdi).
Collezione Vincenza Cau.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/004 magia_siddi.jpg
Amuleto composito (aperto) caratterizzato da una sabègia (globo di pasta vitrea nera) e da un contenitore cilindrico in lamina d’argento (portaprofumi o agoraio) uniti da una catenella d’argento, XIX secolo.
All’amuleto e, in particolare, a sa sabègia si attribuiva il potere della protezione dei neonati dagli influssi negativi dell’ogu liau. Per questo motivo veniva appuntato nella spalla (in su coddixeddu) del bimbo mediante una spilla da balia, accompagnato sempre da un nastrino di colore verde (su frocchixeddu bidri).
Collezione Vincenza Cau.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/005 magia_siddi.jpg
Contravelenu o contraferenu (letteralmente contravveleno), XIX secolo.
L’amuleto (2x4 cm circa) è un astuccio in pelle ben cucito contenente la testa di una vipera; viene utilizzato sulle persone come un vero e proprio antidoto, un contravveleno, alle punture velenose provocate da insetti vari. Il procedimento per eseguire il rimedio è il seguente: si impugna l’amuleto di pelle e lo si lascia cadere a terra facendosi il segno della croce per poi raccoglierlo e strofinarlo sulla parte interessata dall’infezione e nello stesso momento la “persona adatta” (che possiede l’oggetto) recita l’Ave Maria; il tutto viene ripetuto per tre volte consecutive e per i tre giorni seguenti.
Collezione Sergio Uras e Maria Fenu.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/006 magia_siddi.jpg
Medaglia abrebada in ottone (recto) raffigurante un frate in una faccia e Sant’Anna nell’altra, XIX secolo.
Il suo uso era verosimilmente legato alla pratica della mexina de s’ogu liau (la medicina contro il malocchio).
Collezione Vincenza Cau.
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Medaglia abrebada in ottone (verso) raffigurante Sant’Anna in una faccia e un frate nell’altra, XIX secolo.
Il suo uso era verosimilmente legato alla pratica della mexina de s’ogu liau (la medicina contro il malocchio).
Collezione Vincenza Cau.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/008 magia_siddi.jpg
Medaglia (recto), presumibilmente in ottone, raffigurante un profilo umano. L’oggetto è stato casualmente rinvenuto nelle campagne di Siddi, in località Pedra de cungiau. La tipologia della medaglia ha indotto chi l’ha ritrovata a non liberarsene, anzi, a custodirla in casa: essa, infatti, potrebbe configurarsi come un amuleto legato alla pratica della mexina de s’ogu liau (la medicina contro il malocchio).
Collezione Orlando Vacca.
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Medaglia (verso), presumibilmente in ottone, raffigurante un profilo umano. L’oggetto è stato casualmente rinvenuto nelle campagne di Siddi, in località Pedra de cungiau. La tipologia della medaglia ha indotto chi l’ha ritrovata a non liberarsene, anzi, a custodirla in casa: essa, infatti, potrebbe configurarsi come un amuleto legato alla pratica della mexina de s’ogu liau (la medicina contro il malocchio).
Collezione Orlando Vacca.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/010 magia_siddi.jpg
Vari esemplari di cipree (varietà Cypraea tigris) incapsulate in argento, XVII secolo.
Il richiamo alla fisionomia sessuale femminile rientra nell’utilizzo apotropaico dell’oggetto, al quale si unisce, in uno degli esemplari ritrovati, il simbolo sessuale maschile, rappresentato da due frammenti allungati di corallo. In alcune di queste tipologie di amuleti la presenza di campanellini e quindi dell’effetto sonoro, aumenterebbe il loro potere magico-apotropaico. Questi amuleti venivano appesi, insieme ad altri, all’intradosso degli archetti sorreggenti il velo che ricopriva la statua dell’Assunta distesa sul letto.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600409 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/011 magia_siddi.jpg
Ciprea (recto) montata in argento con ornamenti in filo ritorto a cui sono agganciati due frammenti pendenti di corallo dalla forma allungata, un sonaglio in argento e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600312 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/012 magia_siddi.jpg
Ciprea (verso) montata in argento con ornamenti in filo ritorto a cui sono agganciati due frammenti pendenti di corallo dalla forma allungata, un sonaglio in argento e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600312 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/013 magia_siddi.jpg
Ciprea montata in argento con ornamenti in filo ritorto, quattro campanelli in lamina d’argento pendenti e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Ciprea (recto) montata in argento con ornamenti in filo ritorto, quattro campanelli in lamina d’argento pendenti e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Ciprea (verso) montata in argento con ornamenti in filo ritorto, quattro campanelli in lamina d’argento pendenti e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Ciprea (recto) montata in argento con ornamenti in filo ritorto, due campanelli in lamina d’argento pendenti e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600517 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/017 magia_siddi.jpg
Ciprea (verso) montata in argento con ornamenti in filo ritorto, due campanelli in lamina d’argento pendenti e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Ciprea (recto) montata in argento con ornamenti in filo ritorto e tre campanelli in lamina d’argento pendenti, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Ciprea (verso) montata in argento con ornamenti in filo ritorto e tre campanelli in lamina d’argento pendenti, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Ciprea (recto) montata in argento con ornamenti in filo ritorto, tre campanelli in lamina d’argento pendenti e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600401 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/021 magia_siddi.jpg
Ciprea (verso) montata in argento con ornamenti in filo ritorto, tre campanelli in lamina d’argento pendenti e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600401 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/022 magia_siddi.jpg
Ciprea (recto) montata in argento con ornamenti in filo ritorto, due campanelli in lamina d’argento pendenti e una catenella, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Ciprea (verso) montata in argento con ornamenti in filo ritorto e tre campanelli in lamina d’argento pendenti, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600443 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/024 magia_siddi.jpg
Sonagli e amuleti, XVII-XVIII secolo.
Spezzoni di vetro trasparenti montati in lamina d’argento, alcuni con campanelli d’argento pendenti e catenelle raccordate da un anellino di sospensione. Questi amuleti venivano appesi, insieme ad altri, all’intradosso degli archetti sorreggenti il velo che ricopriva la statua dell’Assunta distesa sul letto.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600383 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/025 magia_siddi.jpg
Amuleto, XVII-XVIII secolo.
Spezzone di vetro trasparente contenente una spirale colorata, montato in lamina d’argento con catenelle in argento.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600393 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/026 magia_siddi.jpg
Amuleto, XVII-XVIII secolo.
Spezzone di vetro trasparente montato in lamina d’argento con catenelle in argento unite in un anellino di sospensione.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/027 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro trasparente montato in lamina d’argento, con un campanello d’argento pendente (mancano gli altri due) e catenelle in argento unite in un anellino di sospensione.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600531 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/028 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro trasparente montato in lamina d’argento, con due campanelli d’argento pendenti e catenelle in argento unite in un anellino di sospensione.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/029 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro trasparente montato in lamina d’argento e tre catenelle in argento unite in un anellino di sospensione (mancano i campanellini pendenti).
Collezione parrocchiale.
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Amuleto, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro trasparente montato in lamina d’argento e catenelle in argento raccordate in un anellino di sospensione.
Collezione parrocchiale.
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Amuleto, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro trasparente montato in lamina d’argento e catenelle in argento raccordate in un anellino di sospensione.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/032 magia_siddi.jpg
Amuleto, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro cavo trasparente incapsulato in lamina d’argento, al cui interno sono riposti brandelli di stoffa provenienti con tutta probabilità da paramenti sacri dismessi. Un anellino di sospensione raccorda le due catenelle in argento agganciate alle estremità.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600485 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/033 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro cavo trasparente incapsulato in lamina d’argento, al cui interno sono riposti brandelli di stoffa provenienti con tutta probabilità da paramenti sacri dismessi. Un anellino di sospensione raccorda le due catenelle in argento agganciate alle estremità, alla quale si trova agganciato anche uno dei due campanelli rimasti.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600420 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/034 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro cavo trasparente incapsulato in lamina d’argento, al cui interno sono riposti brandelli di stoffa provenienti con tutta probabilità da paramenti sacri dismessi. Un anellino di sospensione raccorda le due catenelle in argento agganciate alle estremità, alla quale si trova agganciato anche uno dei due campanelli rimasti.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600420 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/035 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro cavo trasparente incapsulato in lamina d’argento, al cui interno sono riposti brandelli di stoffa provenienti con tutta probabilità da paramenti sacri dismessi. Alle due estremità e nella parte centrale dello spezzone di vetro pendono tre campanelli d’argento; un anellino di sospensione raccorda le due catenelle in argento agganciate alle estremità.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600395 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/036 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro cavo trasparente incapsulato in lamina d’argento, al cui interno sono riposti brandelli di stoffa provenienti con tutta probabilità da paramenti sacri dismessi. Alle due estremità e nella parte centrale dello spezzone di vetro pendono tre campanelli d’argento; un anellino di sospensione raccorda le due catenelle in argento agganciate alle estremità.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600505 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/037 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro trasparente montato in lamina d’argento, con due campanelli d’argento pendenti in ciascuna delle due estremità e catenelle in argento unite in un anellino di sospensione.
Collezione parrocchiale.
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Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Spezzone in vetro trasparente montato in lamina d’argento, con due campanelli d’argento pendenti e catenelle in argento unite in un anellino di sospensione.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/039 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Tappo in vetro trasparente montato in lamina d’argento, tre campanelli e catenella d’argento. In alcuni località della Sardegna è noto come su scirai chitzi (letteralmente: sveglia presto). Anche questo amuleto veniva appeso, insieme ad altri, all’intradosso degli archetti sorreggenti il velo che ricopriva la statua dell’Assunta distesa sul letto.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/040 magia_siddi.jpg
Sonaglio, XVII-XVIII secolo.
Tappo in vetro trasparente montato in lamina d’argento, tre campanelli e catenella d’argento. In alcuni località della Sardegna è noto come su scirai chitzi (letteralmente: sveglia presto). Anche questo amuleto veniva appeso, insieme ad altri, all’intradosso degli archetti sorreggenti il velo che ricopriva la statua dell’Assunta distesa sul letto.
Collezione parrocchiale.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/041 magia_siddi.jpg
Guturada, fine XIX secolo.
Striscia di pelle su cui è applicata una striscia di lana decorata e lavorata - utilizzata per addobbare i buoi nei giorni di festa - e realizzata in diversi colori e ricamata a mano, con foro centrale per la fuoruscita della campana (sa campana) oppure del campanaccio (su pitaiolu).
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.367600 - images/morfeoshow/la_magia-4186/big/042 magia_siddi.jpg
Guturada, fine XIX secolo.
Striscia di pelle per i cavalli su cui sono appesi nove sonagli.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.430600
La devozione
- gioielli
- medagliette
- cerimonie e feste
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Monica Pau - tradizioni
Testimonianza di Monica Pau (nota Gianna)
TradizioniLa signora Gianna ha prestato servizio in parrocchia per trentacinque anni.
Si occupava di preparare l’allestimento della chiesa, cambiare le tovaglie, sia quelle di uso quotidiano che quelle della domenica e quelle riservate alle cerimonie dei giorni di festa. Per ogni diversa occasione anche le statue della chiesa venivano, e tuttora rimane viva la tradizione, vestite e adornate in modo particolare. Così per Pasqua, per s’incontru, alla Madonna viene messo l’abito, il manto e il velo celeste, ma non le si mette nessun gioiello; prima si metteva anche una mela, ma poi si decise di non metterla più. La Madonna dei sette dolori ha il vestito e il velo nero e viene portata in processione il venerdì santo, durante la via crucis: è praticamente in lutto. L’Assunta ha un bel vestito ricamato, molto antico: un tempo si preparava la culla dove veniva adagiata la statua, sovrastata da cerchi addobbati di fiori; le si mettevano cinque anelli per mano e veniva adornata con una bella collana d’oro, orecchini e spille antiche. Indossava, inoltre, i sandali e la corona d’argento.
Santa Maria de candelas, ossia la Madonna del giorno della candelora, il giorno della festa viene addobbata come l’Assunta con l’aggiunta di alcuni elementi decorativi e simbolici: una candela e un fiocco in una mano, nell’altra Gesù bambino e un rosario.
Santa Rita, nel giorno della sua festività (il 24 maggio), viene addobbata con gli scapolari (is scarpolarius), cuori d’argento ai quali si legano dei fiocchetti bianchi, e un crocefisso ligneo in mezzo al quale si mette una rosa bianca.
A Santa Lucia si mettevano degli occhi d’argento su di una mano.
Per la festa di Sant’Isidoro si metteva un mazzo di spighe alla statua del santo e is guturadas attorno al collo dei buoi in miniatura che facevano parte del gruppo statuario.
Sant’Antonio veniva accompagnato da un giglio bianco.
Quando si chiedevano delle grazie, o si era affetti da qualche malattia, si usava appendere al santo a cui ci si rivolgeva, nel giorno della sua ricorrenza, la riproduzione in cera di alcune parti del corpo (cuori, manine, braccia, piedi). Oggi però non c’è più quest’usanza.
Quando preparavano i santi per le feste, la signora Gianna e un’altra donna che come lei si occupava della chiesa, non potevano fare entrare nessuno nella stanza. In particolare questo accadeva per la preparazione della Madonna per s’incontru e per la candelora, in quanto la statua, fatta di legno, in realtà sotto le vesti non ha una fisionomia umana, per cui nessuno poteva vederla.
Durante la messa, al momento dell’elevazione, la signora Gianna pronuncia una preghiera in sardo, da quando era bambina:
«A santus a santus ant tocau - su fillu de Deus nd’est abasciau - su fillu de Deus e de Maria - siat srava s’ànima mia - cumenti in sa dii ca dd’ant batiada – s’ànima mia siat sravada».E quando entra in chiesa dice:
«Gianugu in terra apu tocau - cun meda avertimentu - siat laudau su Santissimu Sacramentu».Ricorda anche una preghiera che recitava da piccola quando andava a letto:
«Su letu miu est de cuàturu tancas - e ddoi crocant cuàturu santus - dus in peis e dus in conca - Nosta Sennora nci siat sèmpiri pronta». -
Emma Pitzianti e Claudia Perseu - nascita e battesimo
Testimonianza di Emma Pitzianti e Claudia Perseu
La nascita e il battesimoLa signora Emma racconta come in passato non fosse usuale fare regali per le nascite; generalmente si faceva un pensiero qualche tempo dopo (per esempio un vestitino). Quando si faceva visita alla mamma, ancora a letto, e al suo neonato, chi poteva permetterselo lasciava qualche soldino in mezzo alle fasce del bimbo, in genere senza dire nulla.
Il giorno del battesimo si faceva festa: all’uscita della chiesa i padrini buttavano soldini e caramelle per strada, i bambini del paese correvano a raccogliere quanto più potevano, ma se i padrini non erano abbastanza generosi allora si diceva: «Batiari sciugu, busciaca stampada» (Battesimo asciutto-a secco, tasca bucata). -
Emma Pitzianti e Claudia Perseu - tradizioni
Testimonianza di Emma Pitzianti e Claudia Perseu
TradizioniLa signora Emma spiega il significato dell’usanza di farsi fare, per poi indossare, il vestito di Santa Rita oppure quello da fratino (de parixeddu): veniva indossato come ex voto, per ottenere in cambio dei benefici su problemi di varia natura, perlopiù legati alla salute. L’abito era costituito da una tunica di colore nero e da una cinta di pelle da metter attorno alla vita; veniva benedetto dal sacerdote e poi lo si indossava per le messe e durante le processioni. La stessa signora Emma lo possedeva e lo indossava da bambina; inoltre sua madre, quando è morta, è stata vestita da Santa Rita, così come aveva richiesto.
La signora Claudia racconta la tradizione delle gomais de froris (comari di fiori), partendo dal presupposto che essere e chiamarsi gomais era, e ancora oggi rimane, una forma di rispetto tra le persone.
Si diventava comari e compari in diversi modi: sono comari e compari i genitori con i padrini che hanno battezzato o cresimato un loro figlio (gomai è la comare e gopai il compare); tra vicini di casa si è comari e compari; le persone non native del paese, ma che in seguito al matrimonio, per esempio, hanno acquisito la residenza, diventano gomais e gopais. Quest’ultimo è il caso di Emma e Claudia: sono vicine di casa, Claudia non è originaria di Siddi e tra loro si chiamano gomais.
Diventare gomais de froris è però un’altra cosa: si svolgeva un rito, gesti e parole che suggellavano il momento, ed avveniva solo tra donne.
Il rito consisteva nel prendersi per mano e ripetere le seguenti parole:
«Gomai gomai - filla de Santu Giuanni - filla de Deus - gomais si fadeus - po cantu biveus - gomais abarreus».
(«Comare comare - figlia di San Giovanni - figlia di Dio - comari ci facciamo - per quanto viviamo - comari restiamo»).
Seguiva lo scambio di un bacio, e da quel momento si era gomais. -
Ameriga Vacca - matrimonio
Testimonianza di Ameriga Vacca (nota Merita)
Il matrimonioIn occasione del matrimonio vi erano spesso tra gli invitati delle persone che si dilettavano nel cantare dei versi (vressus: strofe cantate in rima) in onore agli sposi.
Ciò che non mancava mai era la benedizione per gli sposi (ghettai sa beneditzioni): si facevano inginocchiare gli sposi su di un cuscino sull’uscio della nuova casa, gli si faceva il segno della croce e contemporaneamente gli si tirava is arrunzus e si pronunciavano le parole della benedizione. Non vi erano formule precise per la benedizione, si davano i migliori auguri per le nozze, auguri per una vita lunga assieme. La signora Merita ricorda, in particolare, le parole pronunciate da una sua zia, che sentì da ragazza durante la benedizione di due sposi. Dopo aver compiuto il rito di farli inginocchiare sul cuscino e ghettaus is arrunzus, nel momento in cui gli sposi si alzarono, sua zia disse alla sposa:
«Imbucandi a s’aposentu - Deus ti donit dònnia cuntentu - Piga cadira a setzi - Deus ti donit dònnia prexeri».
(«Entra nella stanza - Dio ti doni ogni felicità - Prendi la sedia e siedi - Dio ti regali ogni piacere»).Anche la signora Merita è solita preparare e ghetai is arrunzus per tanti matrimoni, in genere per tutti quelli celebrati a Siddi: si attende il passaggio del corteo nuziale dopo la celebrazione della messa lungo le vie del paese. Nell’atto di tirare is arrunzus si fa il segno della croce e ci si augura che quel gesto sia di buon auspicio per i novelli sposi.
La preparazione degli arrunzus prevede un piatto in cui si mette del grano, un po’ di sale grosso (segno di saggezza) e dei fiori. Oggi, però, il grano, che non si trova più così facilmente, viene sostituito dal riso. Ricorda che un tempo si mettevano anche altri tipi di cereali (come le lenticchie) o frutta secca (come le mandorle). -
Ameriga Vacca - priorissas
Testimonianza di Ameriga Vacca (nota Merita)
Is priorissas e sa circa de sa canòAlle priorissas era affidato il compito delle pulizie e dell’allestimento della chiesa, nonché preparare (cuncodrai) i santi nei giorni di festa. Ogni priorissa copriva la carica per tre anni così scanditi: il primo anno aveva il titolo di priorissedda, il secondo di priorissa e il terzo di priorissa maggiori. Le donne che facevano is priorissas dovevano essere praticanti, molto legate alla chiesa e qualificate come persone di fiducia. La cerimonia che suggellava l’ingresso della nuova priorissa (la priorissedda) si svolgeva nel giorno della Candelora (Santa Maria de is candelas). Il giorno precedente le priorissas vestivano la santa con l’abito “buono”: il velo sul capo, un fiocco nella mano con cui sorreggeva il bambinello e, nell’altra mano, mettevano una candela, un bel fiocco grande con il rosario d’argento (costituito da due medaglie e una croce in mezzo). Durante la cerimonia della Candelora, nel momento della benedizione della cera, is priorissas portavano la candela insieme allo stendardo e poi veniva accesa la candela della Madonna. Seguiva la processione, che compiva un giro nel piazzale della chiesa, in cui si portava la Madonna con la candela accesa in mano seguita dai cunfraras (i confratelli) e da tutti i fedeli; al rientro in chiesa si riposizionava la statua della Madonna e lo stendardo e aveva inizio la messa.
In onore di Santa Maria de is candelas si svolgeva una questua (sa circa de sa canò) nel mese di settembre: la priorissa maggiori allestiva un cesto (su cofinu) in cui si disponeva l’argenteria (sa prateria cun is cadenatzus de prata a pillasa a pillasa), fiori di stoffa (is froris de casteddu) e, al centro, la corona d’argento (sa canò) della Madonna. Della questua si occupavano i confratelli che, passando di casa in casa per tutto il paese, portavano con sé il cesto con la corona dentro la quale i fedeli mettevano la loro donazione in denaro; venivano accettate tutte le forme di donazione (compresi i prodotti cerealicoli) la cui raccolta avveniva mediante le bisacce (is bèrtulas) che i confratelli portavano in spalla.
All’ingresso di ogni casa is cunfraras pronunciavano le seguenti parole:
«Nosta Sannora s’abbisitada»
(«Nostra Signora vi viene in visita»).
A cui seguiva la risposta del padrone di casa:
«Beni benida siat!»
(«Che sia la benvenuta!»). -
Vincenza Cau - preghiere
Testimonianza di Vincenza Cau
PreghiereLa signora Vincenza racconta che, con il sopraggiungere del maltempo, le persone ricorrevano alla preghiera. In genere, dapprima si accendeva una candela, adulti e bambini si inginocchiavano e poi si recitavano le preghiere. Si ripeteva una serie di nove Salve Regina oppure, in alternativa, is paraulas de Santu Mateu (le parole di San Matteo), una lunga preghiera che la signora Vincenza recita.
La signora ricorda che sua madre sapeva e diceva tante preghiere; tutte le mattine, quando si alzava, recitava:
«Benedita siat sa luxi de sa santa vera gruxi - Beneditu siat su soli de su Deus criadori - Benedita siat sa luna de sa santa mama sua - Beneditu siat su bentu de su Santu Sacramentu - Beneditu siat su mari de sa Santissima Trinidadi».
(«Benedetta sia la luce della santa vera croce - Benedetto sia il sole del Dio creatore - Benedetta sia la luna della sua madre santa - Benedetto sia il vento del Santo Sacramento - Benedetto sia il mare della Santa Trinità»).Nonostante, un tempo, la maggior parte delle persone non sapesse né leggere né scrivere, tutti conoscevano a memoria queste preghiere, tutti credevano e le recitavano.
-
Antonia Uras - ex voto e scapolari
Testimonianza di Antonia Uras (nota Pinedda)
Ex voto e scapolariUn tempo si usava regalare degli oggetti preziosi ai santi, ad esempio gioielli, come ex voto o per grazia ricevuta. La stessa signora Pinedda regalò un cuore d’argento (unu coru de prata) da appendere alla statua di Santa Rita e fece un dono prezioso anche per Sa Gloriosa. Altri oggetti donati alla chiesa per lo stesso scopo erano is paramentus (paramenti liturgici).
La signora Pinedda porta addosso, ormai da cinquant’anni, uno scapolare della Madonna del Carmine (Madonna de su Cramu de Casteddu), consegnatole da un frate della chiesa del Carmine di Cagliari, il quale le raccomandò di metterlo addosso per usufruire per sempre della protezione della Madonna.
Così la signora, da quel giorno, porta lo scapolare sempre con sé.
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Rosario, metà XIX secolo.
Rosario con avemarie e pater costituiti da semi (noccioli d’oliva), con legatura in ferro; appendice con spartitore in ferro e distanziatori a spirale e terminale con crocefisso; nel verso è rappresentata la via crucis.
Collezione Maria Picchedda.
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Rosario, particolare del verso del crocefisso, metà XIX secolo.
Collezione Maria Picchedda.
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Rosario, anni Cinquanta.
Rosario interamente in argento; appendice con spartitore piatto raffigurante da un lato la Madonna, dall’altro Gesù e terminale con crocefisso.
Collezione privata.
Foto di Marina Tolu.600566 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/004 gioielli_devozione_siddi.jpg
Rosario, particolare dello spartitore raffigurante la Madonna, anni Cinquanta.
Rosario interamente in argento; appendice con spartitore piatto raffigurante da un lato la Madonna, dall’altro Gesù e terminale con crocefisso.
Collezione privata.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/005 gioielli_devozione_siddi.jpg
Rosario, particolare del crocefisso (recto), anni Cinquanta.
Rosario interamente in argento; appendice con spartitore piatto raffigurante da un lato la Madonna, dall’altro Gesù e terminale con crocefisso.
Collezione privata.
Foto di Marina Tolu.414600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/006 gioielli_devozione_siddi.jpg
Rosario, particolare del crocefisso (verso), anni Cinquanta.
Rosario interamente in argento; appendice con spartitore piatto raffigurante da un lato la Madonna, dall’altro Gesù e terminale con crocefisso.
Collezione privata.
Foto di Marina Tolu.414600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/007 gioielli_devozione_siddi.jpg
La statua della Madonna del Carmine nella cappella del rosario. Alla statua è stato appeso lo scapolare con le immagini del Cor Jesu e della Regina Decor Carmeli.
Chiesa parrocchiale Visitazione di Maria Vergine.
Foto dell’archivio comunale.397600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/008 gioielli_devozione_siddi.jpg
Scapolare della Madonna del Carmine (scapolàriu de sa Madonna de su Cramu), XX secolo.
Lo scapolare è costituito da due parti rettangolari in panno di lana su cui sono cucite le immagini del Cor Jesu da un lato e della Mater et Decor Carmeli dall’altro, unite da due cordoncini. Quest’oggetto, religioso e magico, per assolvere alla sua funzione protettrice dai mali, doveva essere portato collo in modo tale che una parte pendesse sulle spalle e l’altra sul petto.
Collezione Vincenza Cau.
Foto di Marina Tolu.600436 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/009 gioielli_devozione_siddi.jpg
Oggetti religiosi e magici, XX secolo.
Spilla da balia contenente: uno scapolare costituito da due parti rettangolari in panno di lana su cui sono cucite le immagini della Regina Decor Carmeli da un lato e del Cor Jesu dall’altro; uno scapolare a forma di cuore, di tessuto stampato e cucito con filo fucsia, in cui compare da un lato l’immagine della Madonna con l’Angelo e dall’altro quella di Padre Pio; uno scapolare in tessuto marrone cucito con filo verde contenente terra santa e tre medagliette votive, di cui due in alluminio e la terza con un’immagine fotografica di Santa Maria di Uta. Questi oggetti, il cui scopo era finalizzato alla protezione personale da diversi mali, venivano e vengono tutt’ora portati fissati a un indumento intimo.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.600532 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/010 gioielli_devozione_siddi.jpg
Scapolare della Madonna del Carmine (scapolàriu de sa Madonna de su Cramu), XX secolo.
Lo scapolare è costituito da due parti rettangolari in panno di lana su cui sono cucite le immagini del Cor Jesu da un lato e della Regina Decor Carmeli dall’altro, unite da un cordoncino azzurro. Per assolvere alla sua funzione protettrice dai mali si portava fissato ad un indumento intimo mediante una spilla da balia.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.600388 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/011 gioielli_devozione_siddi.jpg
Scapolare (recto) della Madonna del Carmine (scapolàriu de sa Madonna de su Cramu), XX secolo.
Lo scapolare è costituito da due parti rettangolari in panno di lana su cui sono cucite le immagini del Cor Jesu da un lato e della Regina Decor Carmeli dall’altro, unite da un cordoncino azzurro. Quest’oggetto, religioso e magico, per assolvere alla sua funzione protettrice dai mali si portava fissato ad un indumento intimo mediante una spilla da balia.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.401600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/012 gioielli_devozione_siddi.jpg
Scapolare (verso) della Madonna del Carmine (scapolàriu de sa Madonna de su Cramu), XX secolo.
Lo scapolare è costituito da due parti rettangolari in panno di lana su cui sono cucite le immagini del Cor Jesu da un lato e della Regina Decor Carmeli dall’altro, unite da un cordoncino azzurro. Quest’oggetto, religioso e magico, per assolvere alla sua funzione protettrice dai mali si portava fissato ad un indumento intimo mediante una spilla da balia.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.401600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/013 gioielli_devozione_siddi.jpg
Oggetti religiosi e magici, XX secolo.
Spilla da balia (recto) contenente: uno scapolare a forma di cuore, di tessuto stampato e cucito con filo fucsia, in cui compare da un lato l’immagine di Padre Pio e dall’altro quella della Madonna con l’Angelo; uno scapolare in tessuto marrone cucito con filo verde contenente terra santa e tre medagliette votive, di cui due in alluminio e la terza con un’immagine fotografica di Santa Maria di Uta. Questi oggetti, il cui scopo era finalizzato alla protezione personale da diversi mali, venivano e vengono tutt’ora portati fissati a un indumento intimo.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.600460 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/014 gioielli_devozione_siddi.jpg
Oggetti religiosi e magici, XX secolo.
Spilla da balia (verso) contenente: uno scapolare a forma di cuore, di tessuto stampato e cucito con filo fucsia, in cui compare da un lato l’immagine della Madonna con l’Angelo e dall’altro quella di Padre Pio; uno scapolare in tessuto marrone cucito con filo verde contenente terra santa e tre medagliette votive, di cui due in alluminio e la terza con un’immagine fotografica di Santa Maria di Uta. Questi oggetti, il cui scopo era finalizzato alla protezione personale da diversi mali, venivano e vengono tutt’ora portati fissati a un indumento intimo.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.600451 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/015 gioielli_devozione_siddi.jpg
Particolare dello scapolare in tessuto marrone cucito con filo verde contenente terra santa, XX secolo.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.600600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/016 gioielli_devozione_siddi.jpg
Particolare (recto) dello scapolare a forma di cuore, di tessuto stampato e cucito con filo fucsia, in cui compare da un lato l’immagine di Padre Pio e dall’altro quella della Madonna con l’Angelo, XX secolo.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.522600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/017 gioielli_devozione_siddi.jpg
Particolare (verso) dello scapolare a forma di cuore, di tessuto stampato e cucito con filo fucsia, in cui compare da un lato l’immagine della Madonna con l’Angelo e dall’altro quella di Padre Pio, XX secolo.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.522600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/018 gioielli_devozione_siddi.jpg
Particolare della medaglietta votiva con un’immagine fotografica di Santa Maria di Uta, XX secolo.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.434600 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/019 gioielli_devozione_siddi.jpg
Particolare (recto) delle due medagliette votive in alluminio, XX secolo.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.600416 - images/morfeoshow/gioielli_dev-7047/big/020 gioielli_devozione_siddi.jpg
Particolare (verso) delle due medagliette votive in alluminio, XX secolo.
Collezione Antonina Uras.
Foto di Marina Tolu.600416
- images/morfeoshow/medagliette-1429/big/001 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «S. EFISIO M. PATRONO DELLA PROVINCIA DI CAGLIARI - PREGA PER NOI», sull’altro lato è scritto: «V. SS. DI BONARIA PATRONA DELLA SARDEGNA PREGATE P. N. 1908».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/002 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «S. EFISIO M. PATRONO DELLA PROVINCIA DI CAGLIARI - PREGA PER NOI», sull’altro lato è scritto: «V. SS. DI BONARIA PATRONA DELLA SARDEGNA PREGATE P. N. 1908».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/003 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato è scritto: «MATER TVOS OCULOS AD NOS CONVERTE ROMAE», sull’altro lato è scritto: «SODAL FILIARVM MARIAE SVB PATR - PRIMARIAM DIXIT IND DITAVIT - BV IMM ET AGNETIS V M - ROMANAM AD S AGN PIVS IX».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/004 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato è scritto: «MATER TVOS OCULOS AD NOS CONVERTE ROMAE», sull’altro lato è scritto: «SODAL FILIARVM MARIAE SVB PATR - PRIMARIAM DIXIT IND DITAVIT - BV IMM ET AGNETIS V M - ROMANAM AD S AGN PIVS IX».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/005 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato è scritto: «S. FRANCESCO D’ASSISI PREGATE PER NOI», sull’altro lato è scritto: «S.S. VERGINE DEI MARTIRI - FONNI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/006 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato è scritto: «S. FRANCESCO D’ASSISI PREGATE PER NOI», sull’altro lato è scritto: «S.S. VERGINE DEI MARTIRI - FONNI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/007 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «REDENTOR MUNDI», sull’altro lato è scritto: «PIO XI - P. M. ROMA - ANNO SANTO 1933-1934».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/008 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «REDENTOR MUNDI», sull’altro lato è scritto: «PIO XI - P. M. ROMA - ANNO SANTO 1933-1934».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/009 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «GLORIA AMORE RIPARAZIONE AL CUOR DI GESÙ», sull’altro lato è scritto: «PIA ASSOCIAZIONE DELLA GUARDIA D’ONORE AL S. CUORE DI GESÙ - LEONE XIII».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/010 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «GLORIA AMORE RIPARAZIONE AL CUOR DI GESÙ», sull’altro lato è scritto: «PIA ASSOCIAZIONE DELLA GUARDIA D’ONORE AL S. CUORE DI GESÙ - LEONE XIII».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/011 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «SAN SALVATORE DA ORTA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/012 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «SAN SALVATORE DA ORTA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/013 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Entrambi i lati appaiono piuttosto usurati, per cui poco leggibili.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/014 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Entrambi i lati appaiono piuttosto usurati, per cui poco leggibili.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/015 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «COR JESU MISERERE NOBIS», sull’altro lato è scritto: «VIRGO CARMELI ORA PRO ME».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.601600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/016 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «COR JESU MISERERE NOBIS», sull’altro lato è scritto: «VIRGO CARMELI ORA PRO ME».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.601600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/017 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «COR JESU ET RESURRECTIO NOSTRA», sull’altro lato è scritto: «REGINE DECOR CARMELI O. P. N.».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.599600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/018 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si può leggere: «COR JESU ET RESURRECTIO NOSTRA», sull’altro lato è scritto: «REGINE DECOR CARMELI O. P. N.».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.599600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/019 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «RICORDO DI BONARIA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/020 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «RICORDO DI BONARIA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/021 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo e la scritta: «S. FRANCESCO D’ASSISI», sul verso la scritta: «O MARIA CONCETTA SENZA PECCATO PREGATE PER NOI CHE A VOI RICORIAMO».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/022 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo e la scritta: «S. FRANCESCO D’ASSISI», sul verso la scritta: «O MARIA CONCETTA SENZA PECCATO PREGATE PER NOI CHE A VOI RICORIAMO».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/023 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «S. FRANCESCO D’ASSISI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.601600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/024 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «S. FRANCESCO D’ASSISI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/025 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «V.S. S. DELLE GRAZIE CHIESA DEI CAPPUCCINI IGLESIAS», sull’altro lato è scritto: «S. FRANCESCO D’ASSISI PATRONO» e «UNIVERSALE DELL’AZIONE CATTOLICA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/026 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «V.S. S. DELLE GRAZIE CHIESA DEI CAPPUCCINI IGLESIAS», sull’altro lato è scritto: «S. FRANCESCO D’ASSISI PATRONO» e «UNIVERSALE DELL’AZIONE CATTOLICA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/027 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «COR JESU», sull’altro lato è scritto: «VIRGO CARMELI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/028 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «COR JESU», sull’altro lato è scritto: «VIRGO CARMELI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/029 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «MATER DIV. GRATIAE», sull’altro lato è scritto: «S. GIUSEPPE PREGATE PER NOI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/030 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «MATER DIV. GRATIAE», sull’altro lato è scritto: «S. GIUSEPPE PREGATE PER NOI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/031 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale (recto) realizzata con diversi materiali; si intravede parte di un’immagine.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/032 medagliette_siddi.jpg
Verso della medaglietta devozionale realizzata con diversi materiali.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/033 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Compaiono su ambo i lati diverse raffigurazioni in bassorilievo senza alcuna scritta.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/034 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Compaiono su ambo i lati diverse raffigurazioni in bassorilievo senza alcuna scritta.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/035 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale (recto) in metallo, con una raffigurazione in bassorilievo.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/036 medagliette_siddi.jpg
Verso della medaglietta devozionale in metallo.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/037 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «LA SACRA FAMIGLIA», sull’altro lato è scritto: «COMPAGNIA DELL’ANGELO CUSTODE - TORINO».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/038 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «LA SACRA FAMIGLIA», sull’altro lato è scritto: «COMPAGNIA DELL’ANGELO CUSTODE - TORINO».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/039 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «MARIA AUXILIUM CHRISTIANORUM», sull’altro lato abbiamo una raffigurazione in bassorilievo.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/040 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «MARIA AUXILIUM CHRISTIANORUM», sull’altro lato abbiamo una raffigurazione in bassorilievo.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/041 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «COR JESU VITA ET RESURRECTIO NOSTRA», sull’altro lato è scritto: «S. MARGHERITA M. ALACOQUE».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/042 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «COR JESU VITA ET RESURRECTIO NOSTRA», sull’altro lato è scritto: «S. MARGHERITA M. ALACOQUE».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/043 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Entrambi i lati appaiono piuttosto usurati, per cui poco leggibili.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/044 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Entrambi i lati appaiono piuttosto usurati, per cui poco leggibili.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/045 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «VEN. FRA IGNAZIO DA LACONI CAPPUCCINO», sull’altro lato è scritto: «VERGINE DELLA CONSOLAZIONE PREGATE PER NOI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.599600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/046 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «VEN. FRA IGNAZIO DA LACONI CAPPUCCINO», sull’altro lato è scritto: «VERGINE DELLA CONSOLAZIONE PREGATE PER NOI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.599600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/047 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «S. IGNAZIO LACONI», sull’altro lato è scritto: «MAD. DELLA CONCILIAZ. P.P. NOI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/048 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in alluminio.
Su un lato si legge: «S. IGNAZIO LACONI», sull’altro lato è scritto: «MAD. DELLA CONCILIAZ. P.P. NOI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/049 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «MADONNA DI BONARIA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/050 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «MADONNA DI BONARIA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/051 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «S. ANTONIO DI PADOVA CONTRO OGNI AVVERSITÀ MISTICO SCUDO».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/052 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Sul recto abbiamo una rappresentazione in bassorilievo, sul verso la scritta: «S. ANTONIO DI PADOVA CONTRO OGNI AVVERSITÀ MISTICO SCUDO».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/053 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale (recto) in metallo, con una raffigurazione in bassorilievo.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/054 medagliette_siddi.jpg
Verso della medaglietta devozionale in metallo.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.609600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/055 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Su un lato si legge: «PRO QUOTIDIANO CATTOLICO - MCMXXXVIII», sull’altro lato è scritto: «S.S. PIO XI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/056 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Su un lato si legge: «PRO QUOTIDIANO CATTOLICO - MCMXXXVIII», sull’altro lato è scritto: «S.S. PIO XI».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/057 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Su un lato si legge: «PIO XII PONT MAX», sull’altro lato è scritto: «ROMA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/058 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Su un lato si legge: «PIO XII PONT MAX», sull’altro lato è scritto: «ROMA».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/059 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Su un lato si legge: «JOHANNIES XXIII», sull’altro lato è scritto: «S. PETRVS».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/060 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Su un lato si legge: «JOHANNIES XXIII», sull’altro lato è scritto: «S. PETRVS».
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/061 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale in metallo.
Su ambo i lati sono impresse raffigurazioni in bassorilievo.
Collezione privata.
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Medaglietta devozionale in metallo.
Su ambo i lati sono impresse raffigurazioni in bassorilievo.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600 - images/morfeoshow/medagliette-1429/big/063 medagliette_siddi.jpg
Medaglietta devozionale (recto) realizzata con diversi materiali; si intravede una raffigurazione che emerge dalla pasta vitrea.
Collezione privata.
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Verso metallico della medaglietta devozionale realizzata con diversi materiali.
Collezione privata.
Foto di Arianna Murru.600600
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Una processione, anni Quaranta.
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Is cunfraras (i confratelli) durante una processione, anni Quaranta.
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Una processione, anni Quaranta.
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Is cunfraras (i confratelli) durante una processione, anni Quaranta.
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La processione di Sant’Antonio, anni Quaranta-Cinquanta.
Archivio fotografico Villa Silli - Ameriga Vacca.390600 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/006 cerimonie_siddi.jpg
S’incontru, anni Cinquanta.
Archivio fotografico di Claudia Perseu.600428 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/007 cerimonie_siddi.jpg
S’incontru, anni Cinquanta.
Archivio fotografico Villa Silli - Maria Pau.600435 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/008 cerimonie_siddi.jpg
Gruppo di Prima Comunione, anni Sessanta.
Archivio fotografico Villa Silli - Ameriga Vacca.600422 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/009 cerimonie_siddi.jpg
Gruppo di Prima Comunione, anni Sessanta.
Archivio fotografico Villa Silli - Emma Pitzianti.600436 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/010 cerimonie_siddi.jpg
Gruppo di bambine nel giorno della Prima Comunione, anni Sessanta.
Archivio fotografico Villa Silli - Emma Pitzianti.600427 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/011 cerimonie_siddi.jpg
Gruppo di bambine nel giorno della Prima Comunione, anni Sessanta.
Archivio fotografico Villa Silli - Monica Pau.600405 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/012 cerimonie_siddi.jpg
La Prima Comunione di Ignazio Casu, anni Sessanta.
Archivio fotografico di Regina Spiga.403600 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/013 cerimonie_siddi.jpg
Piazzale della chiesa parrocchiale Visitazione di Maria Vergine: bambine nel giorno della Prima Comunione, anni Sessanta.
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Oratorio: ricordo della Prima Comunione, anni Sessanta.
Archivio fotografico Villa Silli - Sandra Branca.438600 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/015 cerimonie_siddi.jpg
Foto ricordo della Prima Comunione, anni Sessanta.
Archivio fotografico Villa Silli - Emma Pitzianti.424600 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/016 cerimonie_siddi.jpg
Una bambina con il vestitino di Santa Rita, anni Sessanta.
Archivio fotografico di Antonia Uras.411600 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/017 cerimonie_siddi.jpg
S’incontru, anni Sessanta.
Archivio fotografico di Zelanda Pisanu.600432 - images/morfeoshow/cerimonie_e_-3228/big/018 cerimonie_siddi.jpg
Matrimonio di Maria Picchedda e Abele Floris: l’uscita dalla chiesa, anni Sessanta.
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Matrimonio di Gianna Pau e Pinuccio Cau: l’uscita dalla chiesa, anni Sessanta.
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Matrimonio di Zelanda Pisanu e Manfredi Puddu: l’uscita dalla chiesa.
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Celebrazione del matrimonio di Regina Spiga e Mario Casu.
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Matrimonio di Regina Spiga e Mario Casu: i genitori benedicono gli sposi all’ingresso nella nuova casa, anni Sessanta.
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La processione di San Michele Arcangelo, anni Sessanta-Settanta.
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La processione di San Michele Arcangelo, anni Sessanta-Settanta.
Archivio fotografico di Zelanda Pisanu.439600
I gioielli
La ricerca condotta nel paese di Siddi, grazie alla preziosa collaborazione di tante persone che rappresentano e custodiscono la nostra memoria storica, ha permesso di poter tracciare un quadro sulla presenza e sul ruolo del gioiello, inteso nel suo triplice valore di vanità, magia e devozione.
In passato l’aspetto del gioiello legato alla vanità era scarsamente contemplato dalla gente del posto la cui economia, per lo più di sussistenza, era basata principalmente sull’attività agro-pastorale, almeno fino alla prima metà del Novecento. Purtroppo nel paese non si è conservato neppure l’abito tradizionale al quale, di norma, sono legati i diversi ornamenti preziosi, spesso distintivi del luogo.
Solo gli eventi più importanti erano accompagnati da un dono rappresentato da un gioiello, ma sceti chini si ddu podiat permiti (soltanto chi poteva permetterselo): così alcune bambine alla nascita ricevevano is cannixeddas (orecchini a cerchio) e i bambini, qualche volta, una catenina fini fini fini da parte di padrini o nonni. Le ragazze più fortunate al momento dell’acabu de sa coja (il fidanzamento) potevano ricevere in dono dal futuro sposo un bell’anello, da usare anche il giorno del matrimonio, oppure era consuetudine, per le famiglie più facoltose, che la suocera regalasse alla futura nuora un rosariu de prata (un rosario d’argento). Le persone che non si potevano permettere l’acquisto delle fedi nuziali si sposavano chiedendole in prestito o utilizzando altri anelli, non obbligatoriamente d’oro, ma anche d’argento o di rame. Oggi però, anche nelle case di chi li ha ricevuti in dono, molti di questi oggetti preziosi non si trovano più, perché andati persi nel tempo, oppure rotti, o donati alla chiesa come ex voto.
Il desiderio di indossare dei gioielli e non averne le possibilità portava le ragazze ad adornarsi con particolari fiori e frutti di piante spontanee che, forati e fatti attraversare da un filo, diventavano vere e proprie perline per collane, bracciali e orecchini: vengono ricordate, soprattutto, le bacche rosse di piscialetu (pianta selvatica rampicante spinosa) e di coràvigu (biancospino).
Legati a leggi non scritte, devotamente rispettate dai più, sono alcuni oggetti le cui virtù sono da ricercare nella loro funzione apotropaica: conchiglie (cipree), sonagli legati a elementi vitrei, corrixeddus de ossu (cornetti in osso) e de prata (d’argento), piscixeddus (pesciolini), sa sabègia in diverse varianti, su frochixeddu birdi (nastrino di colore verde).
Alcuni di questi amuleti sono andati perduti e rimangono vivi nel ricordo di chi li ha visti indossare o li ha usati a protezione dei propri bambini: sono proprio loro, infatti, i soggetti più deboli da preservare dagli influssi negativi de s’ogu liau (il malocchio), spesso generati dagli sguardi non consci di alcune persone. Per questo le mamme non mancavano di fissare sulla spalla dei neonati, mediante spilla da balia, una sabègia accompagnata sempre da un nastrino verde. Talvolta però questi amuleti non erano sufficienti e is pipius s’arrendiant (i bambini mostravano malessere e debolezza) ed era necessario recarsi dalle donne “adatte” a farsi fare sa mexina de s’ogu liau (medicina contro il malocchio): erano diverse nel paese le donne che praticavano questa “medicina” e non tutte utilizzavano lo stesso metodo. Le loro parole, unite a precisi gesti, erano per lo più preghiere rivolte ai santi cristiani, alla Madonna e a Gesù; il rito doveva ripetersi per tre giorni consecutivi.
Questa pratica non veniva eseguita esclusivamente sulle persone ma anche su animali e piante. Agli animali (cavalli e buoi) utilizzati per il lavoro nei campi si era soliti mettere almeno un nastrino verde po no ddis liai ogu (letteralmente: per non prenderli d’occhio); e nel giorno di Sant’Isidoro lo stesso compito era affidato, seppur inconsapevolmente, a is guturadas, dei collari in pelle arricchiti da tessuti ricamati con colori accesi e al suono di campane e sonagli.
A metà tra magia e devozione cristiana si pongono gli scapolari (is scrapolarius), in particolare quelli della Madonna de su Cramu (della Madonna del Carmelo), ancora oggi indossati per trarne protezione personale.
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