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I gioielli
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    Maninfide. Anello di fidanzamento in oro con le mani che si stringono.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Maninfide. Anello di fidanzamento in oro con le mani che si stringono.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

     

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    Maninfide. Anello di fidanzamento in oro con le mani che si stringono. In questa foto con l’anello aperto si può notare che le due mani si congiungono sopra un cuore d’oro, simbolo d’amore.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello di fidanzamento in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello di fidanzamento in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello di fidanzamento e nuziale in oro con castone centrale.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello in filigrana d’argento con la parte superiore che si apre. Poteva contenere medicine.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello in filigrana d’argento con la parte superiore che si apre. Poteva contenere medicine.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello in oro con pietra centrale e rifiniture in argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello di fidanzamento in oro con castone raffigurante un fiore.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello in oro a filo ritorto e pallina centrale.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/013 vanita_sng.jpg

    Anello maschile di fidanzamento in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Anello bottone in filigrana d’argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/015 vanita_sng.jpg

    Bottoni in filigrana d’argento e granulazione con granato.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/016 vanita_sng.jpg

    Bottone in filigrana d’oro e granulazione con granato.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/017 vanita_sng.jpg

    Collana d’oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Particolare del ciondolo della collana d’oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/019 vanita_sng.jpg

    Ciondolo antico d’oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Ciondolo antico d’oro con pietra vitrea verde centrale e due piccole laterali.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Retro del ciondolo con pietra vitrea verde centrale e due piccole laterali.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Ciondolo antico d’oro con pietra vitrea rossa centrale e altre pietre laterali.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/023 vanita_sng.jpg

    Ciondolo antico portafoto in argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/024 vanita_sng.jpg

    Ciondolo antico portafoto in argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/025 vanita_sng.jpg

    Ciondolo antico portafoto in argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Catena giunchilliu in argento; si portava avvolta varie volte intorno al collo (a meda passadas) e spesso con un pendente. Questa catena è opera dell’argentiere Raimondo Cardu.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

    600
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    Catena giunchilliu in argento; si portava avvolta varie volte intorno al collo (a meda passadas) e spesso con un pendente.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/028 vanita_sng.jpg

    Cadenatzu in argento. Molto simile a su giunchilliu è costituito però da anelli più grandi.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/029 vanita_sng.jpg

    Catena per orologio.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/030 vanita_sng.jpg

    Catena a tre fili in argento per orologio.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/031 vanita_sng.jpg

    Catena ad anelli in argento per orologio.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orologio in argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orologio antico (Roscof), 1700.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orologio da polso in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Gancera in argento a unico segmento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    La medaglia d’oro al merito civile conferita a Salvatore Corrias.
    Salvatore Corrias di San Nicolò Gerrei fece espatriare in Svizzera centinaia di perseguitati politici ed ebrei. Riconosciuto come partigiano combattente, nel giugno del 2006, il Presidente della Repubblica gli conferì la medaglia d’oro al merito civile.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini in oro; probabilmente manca il pendente.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di battesimo in oro con perla incastonata al centro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di battesimo in oro con perla incastonata al centro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di battesimo in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di battesimo in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di battesimo in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di battesimo in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di fidanzamento in oro con pietra vitrea azzurra e brillantini.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di fidanzamento in oro con pietra vitrea azzurra e brillantini.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di fidanzamento in oro con pietra vitrea azzurra e brillantini.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini di fidanzamento in oro con pietra vitrea azzurra.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/048 vanita_sng.jpg

    Orecchini in oro con pietra vitrea rossa.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini in oro con pietra vitrea rossa.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Retro degli orecchini in oro con pietra vitrea rossa.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Orecchini in oro con pietre vitree rosse.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla in lamina e filigrana d’oro raffigurante un fiore.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla in piastra filo d’oro e pietre vitree colorate.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/055 vanita_sng.jpg

    Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla bottone in filigrana d’oro e rubino incastonato. La spilla è opera dell’argentiere Raimondo Cardu.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla con due bottoni in filo e filigrana d’oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla fermaglio in argento. Si usava per trattenere il fazzoletto.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Spilla fermaglio in argento con fiori. Si usava per trattenere il fazzoletto.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

    600
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    Gioielli in oro.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Parure spilla fermaglio, orecchini e anello in oro con ametista.
    Collezione privata.
    Archivio fotografico privato.

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    494
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    Bottoni in filigrana d’oro e granulazione e spilla in piastra filo e filigrana d’oro.
    Collezione privata.
    Archivio fotografico privato.

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  • images/morfeoshow/la_vanit__-9339/big/068 vanita_sng.jpg

    Parure collana con ciondolo, orecchini e anelli in oro con corallo.
    Collezione privata.
    Archivio fotografico privato.

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    Su sonagliu.
    Amuleto contro il malocchio (i sonagli hanno la funzione di allontanare gli influssi negativi), la campanella veniva regalata al primogenito e tramandata per generazioni.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Amuleto “occhio di Santa Lucia” montato in argento.
    L’opercolo del gasteropode Turbo rugosus per la sua forma, richiamante quella dell’occhio, è divenuto l’amuleto deputato a proteggere gli occhi da ogni male.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Su pinnadeddu.
    Questo amuleto di forma sferica in pasta vitrea nera, chiamato in altre zone dell’isola pinnadellu, sabegia, sebeze, coco, veniva appeso negli abiti o nelle culle e aveva lo scopo di proteggere dal malocchio gli adulti e in particolar modo i bambini.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Su corru de su pistilloni.
    Il corno veniva utilizzato come rimedio per l’infiammazione provocata dai pizzichi di insetti (sa passadura). Dentro il corno veniva messo olio e un geco (secondo alcuni anche una vipera) che era stato fritto da vivo. Poi l’olio veniva usato per alleviare e guarire l’infiammazione della puntura dell’insetto (contra ferenu).
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Sa sonniga.
    Questo amuleto veniva messo sotto il cuscino come rimedio per l’insonnia. Si trovava in campagna sotto i muretti a secco.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Su scritu.
    Amuleto contro il malocchio e dolori di varia natura costituito da un piccolo sacchetto arancione ricamato a mano che poteva contenere immagini o vesti di santi, preghiere e formule sacre. Veniva fatto benedire e portato cucito tra le vesti.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Su scritu.
    Retro del sacchetto.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Su scritu.
    Amuleto contro il malocchio e dolori di varia natura costituito da un piccolo sacchetto di velluto rosso con bordatura dorata che poteva contenere immagini o vesti di santi, preghiere e formule sacre. Veniva fatto benedire e portato cucito tra le vesti.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/magia-6408/big/009 magia_sng.jpg

    Su scritu utilizzato per curare la mastite (su pilu de tita).
    Sacchetto confezionato a mano con stoffa rossa quadrettata e provvisto di laccetto. Non si conosce di preciso il contenuto del sacchetto ma si dice fosse molto efficace.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

    600
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    Su scapulariu.
    Scapolari recanti le scritte “Cor Jesus miserere nobis” e “Mater et decor Carmeli ora pro nobis” confezionati dalle monache carmelitane. Si portavano cuciti tra le vesti come protezione dai mali.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Su scapulariu.
    Scapolari recanti le scritte “Cor Jesus miserere nobis” e “Mater et decor Carmeli ora pro nobis” confezionati dalle monache carmelitane. Si portavano cuciti tra le vesti come protezione dai mali.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    La signora Carmela Tarantello pratica i brebus contro il mal di testa.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Rosario sardo in argento: corona con avemarie in piccoli grani di pasta vitrea rossa con delle sfumature bianche, legature in argento e distanziatori a “S”, appendice con spartitore in piastra d’argento traforata con uccello incoronato, terminale con crocefisso in argento distanziato da un grano di corallo incapsulato in filigrana d’argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Rosario di fidanzamento in argento, XIX secolo.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

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  • images/morfeoshow/gioielli-7561/big/003 gioielli_devozione_sng.jpg

    Rosario con grani in madreperla verde acqua, legature in argento e terminale con crocefisso in argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

    427
    600
  • images/morfeoshow/gioielli-7561/big/004 gioielli_devozione_sng.jpg

    Rosario con grani in madreperla bianca, legature in argento e terminale con crocefisso in argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

    450
    600
  • images/morfeoshow/gioielli-7561/big/005 gioielli_devozione_sng.jpg

    Croce in argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

    390
    600
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    Rosario sardo in argento: corona con avemarie in grani di corallo, pater a bottone in filigrana d’argento, legature in argento e distanziatori a “S”, appendice con spartitore in piastra d’argento raffigurante un uccello dal quale pende un rosone a sei petali in filigrana d’argento, distanziato da un grano di corallo incapsulato e un bottone in filigrana d’argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

    442
    600
  • images/morfeoshow/gioielli-7561/big/007 gioielli_devozione_sng.jpg

    Particolare dell’appendice del rosario sardo in argento.
    Collezione privata.
    Foto di Manuela Maxia.

    600
    600
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    Stauroteca (con reliquia) in lamina d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, 1760.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    403
    600
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/002 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Turibolo in argento sbalzato, cesellato, traforato e con parti in fusione; di bottega sarda, XVII-XVIII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    395
    600
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/003 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Navicella porta incenso in argento sbalzato, cesellato e con parti in fusione; di bottega sarda, 1625.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    406
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/004 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Calice in lamina d’argento sbalzata, cesellata, con parti in fusione e parti dorate; di bottega sarda, XVII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    409
    600
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/005 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Calice in lamina d’argento sbalzata, cesellata, con parti in fusione e parti dorate; di bottega sarda, XVI-XVIII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    398
    600
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/006 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Pisside in argento sbalzato, cesellato, con parti in fusione e parti dorate; di bottega sarda, XVII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    400
    600
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/007 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Ostensorio in argento dorato, sbalzato, cesellato, con parti in fusione, pietre e vetri colorati; di bottega cagliaritana, fine XV inizi XVI secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    398
    600
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/008 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Patena in argento ribattuto e dorato; di probabile bottega sarda, XVIII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    600
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/009 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Cucchiaio per incenso in argento a stampaggio e cesellato, con incisi il delfino, lo stemma sabaudo e due iniziali non distinguibili; di bottega genovese, XIX secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    412
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/010 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Aspersorio in argento ripiegato, sbalzato e cesellato; di bottega sarda, XIX secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    403
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/011 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Mestolo battesimale in argento sbalzato e cesellato; di bottega sarda, 1627.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    402
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/012 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVIII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    403
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/013 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVIII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    438
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/014 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    462
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/015 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    506
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/016 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata, traforata e con vetri colorati; di bottega sarda, XIX secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    457
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/017 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    573
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/018 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Aureola da statua in argento sbalzato, cesellato e traforato; di bottega sarda, XVII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    600
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    Aureola da statua in argento sbalzato, cesellato e traforato; di bottega sarda, XVII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    600
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/020 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Aureola da statua in argento sbalzato, cesellato e traforato; di bottega sarda, XIX secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
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    Diadema da statua in argento sbalzato, cesellato e traforato; di bottega sarda, XVI-XVII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    580
  • images/morfeoshow/collezione_p-9217/big/022 collezione parrocchiale_sng.jpg

    Sandali dell’Assunta in lastra d’argento sbalzata e cesellata; di bottega sarda, XIX secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    408
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    Insegna processionale di confraternita (ferula) in lastra d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, XVIII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    397
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    Insegna processionale di confraternita (ferula) in lastra d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, XVIII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

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    Insegna processionale di confraternita (ferula) in lastra d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, XVIII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

    402
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    Insegna processionale di confraternita (ferula) in lastra d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, XVIII secolo.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

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    Croce processionale in argento sbalzato, cesellato, con parti in fusione e parti dorate; di bottega sarda, 1635.
    Collezione parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

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    Cuore d’argento; ex voto di 185 soldati a San Nicolò al rientro dalla guerra.
    Collezione parrocchiale.
    Foto di Manuela Maxia.

    488
    600
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    Cuore d’argento; ex voto di 185 soldati a San Nicolò al rientro dalla guerra.
    Collezione parrocchiale.
    Foto di Manuela Maxia.

    600
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    Cuore d’argento; ex voto di 185 soldati a San Nicolò al rientro dalla guerra.
    “A voi San Nicolò. Partendo per la guerra sciogliemmo il voto che se tornati fossimo salvi, vi avremmo offerto un cuore d’argento. Oggi questo voto consacriamo con l’offerta promessa, a ricordo perenne di gratitudine consacrandovi l’affetto dei nostri cuori”. San Nicolò Gerrei, 18 maggio 1919. Sacerdote Francesco Lecca, rettore.
    Foto di Manuela Maxia.

    600
    507
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    Chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari, anni Sessanta.
    La foto è stata scattata prima della costruzione del secondo campanile, ultimato nel 1963 circa.
    Archivio fotografico privato.

    600
    411
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    Chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Interno della chiesa parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

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    Interno della chiesa parrocchiale.
    Archivio fotografico privato.

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    Mariano e Salvatore Scioni, alle loro spalle la chiesetta campestre di Santa Lucia, 1965.
    La costruzione della chiesa risale al 1963.
    Archivio fotografico privato.

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    La chiesetta campestre di Santa Lucia.
    Foto di Manuela Maxia.

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    Processione per la festa di Sant’Antonio da Padova, 1960.
    Archivio fotografico privato.

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    Processione per la festa di Sant’Antonio da Padova, 1960.
    Archivio fotografico privato.

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    Festa del santo patrono San Nicola di Bari, 1950.
    Archivio fotografico privato.

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    Processione per la festa del santo patrono San Nicola di Bari, maggio 1956.
    Archivio fotografico privato.

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    Processione per la festa del santo patrono San Nicola di Bari, 1960.
    Archivio fotografico privato.

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    Processione per la festa del santo patrono San Nicola di Bari.
    Archivio fotografico privato.

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    Processione per la festa del santo patrono San Nicola di Bari.
    Archivio fotografico privato.

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    Festeggiamenti in onore del santo patrono San Nicola di Bari, 1974-75.
    Il costume di Selargius.
    Archivio fotografico privato.

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    Processione per la festa della Vergine Assunta (la Madonna dormiente).
    Archivio fotografico privato.

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I gioielli

A San Nicolò Gerrei i gioielli tradizionali sardi non erano molto diffusi; erano privilegio di poche persone e, durante la guerra, molti sono stati donati alla Patria. Tuttavia il paese ha avuto “l’onore” di avere un artigiano orafo: Raimondo Cardu (1840-1927). A quel tempo faceva molta meraviglia che una persona potesse esercitare e mantenere la famiglia con questo mestiere.


Raimondo Cardu - su prateri (l’argentiere) - giovanissimo fu mandato a Cagliari da un famoso orefice artigiano da cui imparò l’arte della lavorazione dell’oro e dell’argento. A vent’anni partì militare in Sicilia dove rimase per ben dieci anni (era il periodo della spedizione dei mille, il giovane Cardu faceva parte dell’esercito regolare e si è sempre rammaricato di non essere stato con i garibaldini).
Al rientro aprì un laboratorio orafo nella sua casa, mettendo a frutto l’esperienza maturata a Cagliari. In particolare aveva appreso il sistema di ottenere l’argento dal minerale grezzo (piombo ovvero galena argentifera) mediante il procedimento di coppellazione, il processo per separare l’argento dal piombo argentifero fondendo il minerale fino a recuperare l’argento puro che poi riduceva in fili sottili per la lavorazione dei gioielli. Si racconta che quando ricavava il filo d’argento non consentiva la presenza di nessuno perché il più piccolo movimento poteva compromettere il procedimento. Acquistava il minerale grezzo nel Sarrabus, nelle miniere di Monte Nai, dove si recava a cavallo.
Realizzava catenine, cadenatzus, orecchini, anelli, bottoni sardi in filigrana. I discendenti, grazie ai quali conosciamo la sua storia, hanno ancora qualche pezzo di catena da lui realizzata. Nella chiesa parrocchiale vi sono due pezzi in argento che, testimonianze popolari, riferiscono abbia realizzato lui. Il primo è il rosario della Madonna del Rosario (la statua portata in processione il giorno della festa della Candelora), lavorato in filigrana e impreziosito con perle rosse; il secondo è una coppia di sandali, lavorati finemente al cesello, appartenenti all’Assunta (la statua della Madonna dormiente).

Nel paese la collana più diffusa era su ghetau; costituito a treccia da più fili ritorti, di notevole lunghezza, si portava avvolto in più giri intorno al collo in modo che ricadesse sul petto come un pendente.
C’era anche su giunchilliu, una catena in argento costituita da piccoli anelli e molto lunga, che si portava anche questa avvolta in più giri (a meda passadas) intorno al collo e accompagnata spesso da un pendente. Su cadenatzu, simile a su giunchilliu, è costituito però da anelli più grandi. Alcune persone in paese possiedono ancora queste tipologie di collane, ma spesso sono state tagliate e suddivise tra parenti.
I gioielli più diffusi erano gli orecchini: le lorigas con o senza pendente in corallo e le arracadas, orecchini circolari con estremità appuntita utilizzati per il foro dei lobi delle orecchie. Accompagnavano sia l’abbigliamento giornaliero che quello festivo. Venivano quasi sempre regalati dalle madrine al momento del battesimo; era usanza, infatti, praticare i fori nei primi mesi di vita del neonato.
C’erano inoltre le spille con testina (agullas). Le spille erano in lamina d’oro con bordi incisi, decorazioni e pietre varie; venivano usate per trattenere lo scialle o per fermare altri gioielli sul petto. I bottoni (buttonis) in filigrana o lamina d’oro o d’argento venivano usati, invece, per chiudere colletti e polsini delle camicie. Sa gancera, infine, veniva utilizzata per chiudere il mantello o il cappotto.

Un tempo era frequente che, in casi di grave malattia o per altre particolari richieste, si facesse voto alla Madonna o ai Santi e, se esauditi, si donasse qualcosa di prezioso alla chiesa in segno di ringraziamento. Nella chiesa parrocchiale possiamo pertanto ammirare bellissimi oggetti, alcuni dei quali, donati nel corso degli anni: la croce processionale, la lampada pensile, la stauroteca (al cui interno è presente una reliquia), la navicella porta incenso, alcuni calici, la pisside, corone, aureole e diademi da statua, un ostensorio, i sandali dell’assunta, l’aspersorio, il mestolo battesimale, un’insegna processionale di confraternita, una patena e rosari (arrosarius).

I gioielli venivano regalati soprattutto al momento del fidanzamento. Nel paese si è soliti dire: “Ita no fiant is antigus po circai femina” (che cosa non facevano gli antichi per trovare una donna). Durante il periodo del corteggiamento (su fastigiu) si diceva: “Eh! Ti ses fatu cincu soddus” per rivelare che due furiant fastigendu (stavano amoreggiando). A un certo punto entrava in scena su paralimpiu, un amico intimo o un parente stretto dello sposo che si presentava a casa della sposa per dire ai genitori: “Seu beniu a domandai sa manu de sa filla”. Naturalmente, in genere, si trattava di una persona seria e affidabile, ma se per qualche motivo non era ben visto ddi donànt sa cadira peus chi teniant, sa prus becia (gli offrivano, per sedersi, la sedia più vecchia che avevano). In ogni caso a su paralimpiu beni acolliu (ben accolto) si doveva dare una risposta, positiva o negativa, perché la ragazza poteva essere già promessa a qualcun altro, oppure perché i genitori non erano contenti del pretendente. Infatti sa cosa chi prus teniant a coru su babu e sa mama de sa sposa furiat sa domu. Tant’è vero che, candu sciiant ca su sposu teniat sa domu, si diceva: “Chi no prus tenit sa domixedda” ed erano contenti. Candu no teniat sa domu si diceva: “Tanti gei est arruendi-nde-ddi sa domu!” per sottolineare che era talmente povero da non avere neanche la casa. Se su paralimpiu se ne andava con il consenso, il padre dello sposo veniva invitato, dalla famiglia della sposa, a presentarsi personalmente (ddi donànt s’intrada) e il fidanzamento diventava ufficiale: ndi iat pigau is fueddus sigurus e su sposu podiat intrai a domu de sa sposa dònnia dii a cabudu de cena (lo sposo poteva recarsi a casa della sposa ogni giorno dopo cena).
A questo punto si chistionàt de acabamentu de coja (si parlava dell’organizzazione del matrimonio) con i parenti dello sposo e della sposa. Sa prima bessida impari coincideva spesso con le festività del Natale quando la coppia poteva recarsi insieme alla Messa. Da allora erano fidanzati (fiant sposus in craru) e ogni domenica potevano andare insieme alla Messa.
Per il fidanzamento si regalava l’anello; il dono rendeva ufficiale il fidanzamento. Fra le tipologie di anello più regalate vi era quello a castone con la lettera R (ricordo) incisa sopra; oppure l’anello con la chiave, sigillo del matrimonio. Se si rompeva il fidanzamento, si restituivano i regali ricevuti.
La mattina della cerimonia lo sposo, accompagnato dai genitori e da tutti i parenti, andava a prendere la sposa e prima di uscire dalla propria casa, la madre della sposa, dava loro la benedizione (s’aratzia). Dopo il matrimonio, prima di varcare la soglia della nuova casa e dopo la benedizione del sacerdote, il suocero consegnava ufficialmente le chiavi di casa e il proprio figlio alla sposa e pronunciava le seguenti parole: “Teni contu de is crais e de sa domu e de fillu miu”.

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